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๐๐ผ๐๐ผฬ’ ๐ฎ๐ฌ๐ฎ๐ญ, ๐๐๐ก๐๐ฃ๐๐๐ง๐๐ค ๐๐๐๐๐ฉ๐๐ก๐ ๐๐๐ก๐ก’๐๐ซ๐ซ๐๐ฃ๐ฉ๐ค ๐๐๐ก๐ก๐ ๐ฉ๐ง๐๐๐๐ฏ๐๐ค๐ฃ๐ ๐ฅ๐ค๐ฅ๐ค๐ก๐๐ง๐ ๐๐๐ก๐ก๐ ๐๐๐ง๐๐๐ ๐๐๐ฃ๐ฉ๐ง๐๐ก๐ ๐๐ค๐ฃ ๐๐๐ค๐ซ๐๐ฃ๐ฃ๐ ๐๐๐ฃ๐ค๐๐๐ก๐.
๐ฎ๐ด ๐ก๐ข๐ฉ๐๐ ๐๐ฅ๐ ๐ฎ๐ฌ๐ฎ๐ญ
Di Natale si soleva fare tanto pane che potesse arrivare fin dopo l’Epifania, e questo in campagna, perchรฉ v’era il pregiudizio che altrimenti sarebbero andati a male tutti i polli. La sera innanzi la massaia preparava il lievito (mittรฌa lu lรจvutu), mescolandolo con la farina fino a farlo diventare un impasto che poneva in una terrina (tarรฌna) o in un qualche altro recipiente, che poi veniva chiuso nella madia (mร ttara) al riparo dal freddo; d’inverno si chiudeva lร dentro anche uno scaldaletto (scallalรฉttu o mรฒnnaca), affinchรฉ favorisse la lievitazione. Dopo aver impastato lievito e farina la massaia, con la punta del coltello, vi incideva un segno di croce e, con la mano destra, per tre volte segnava l’impasto col segno della croce: era un vero e proprio rituale di rispetto verso il cibo e di augurio di buona salute a chi l’avrebbe mangiato.
