Dolci tipici

ARANCINI FRITTI E AL FORNO

Un antichissimo detto popolare dice:

Carnevale, bon compagno
possi vinì tre vorde l’anno!

E questa enfatica espressione che dice come e quanto sia stato desiderato il Carnevale dai nostri padri. Non perché essi fossero dediti al passatempo ma in opposizione a quella loro vita morigerata e di lavoro per cui i nostri avi non conoscevano divertimenti se non in tempi determinati.

Altra voce , sempre del popolo piceno, si esprime:

Dopo Natà’
è sembre Carnuà’.

Dopo Natale è sempre Carnevale, mentre ufficialmente questo entrava il 17 gennaio, nella festa di San t’Antonio Abate.

V’era gran desiderio di scapricciassi un poco. Era necessità della vita.
Il carnevale offriva al nostro popolo di sbizzarrirsi un poco in festini e balli, in mascherate, in ghiottonerie, non certo fatte di ricercatezze eccessive. Avevano grande parte gli scroccafusi, le frittelle ( quelle de S’Andò in particolare fatte con la massa del pane) le sfrappe, le castagnole!

Dagli scritti del nostro maestro poeta dialettale Giovanni Ginobili!


Ricordiamoci che del diman non c’è certezza ed il resto è noia!

Buon inizio di carnevale a tutti!

I nostri arancini fritti come da tradizione carnevalesca, sono ottimi anche al forno e risultano più leggeri. Si mantengono belli morbidi per tre o quattro giorni.

Don Trapè è l’oscuro scrittore della ricetta.

Provateli e mi farete sapere, se vi va, altrimenti vi ringrazio e vi saluto!

Buona vita, buoni arancini di don Trapè ❤️

Il racconto e la preparazione degli arancini.

Ingredienti

300 grammi di farina 0 o 00

Una bustina di lievito di birra disidratato o un cubetto fresco

50 grammi di zucchero

Un uovo

140/150 grammi di latte

50 grammi di burro

Un pizzico di sale

Buccia di arancia un cucchiaino

Ripieno

Buccia di due arance senza trattamenti chimici

150 grammi di zucchero

Olio di arachidi per friggere

Preparazione

Prima della pasta, prepariamo il ripieno grattando la buccia delle arancia che mescoleremo allo zucchero. Potremmo anche frullare il tutto per fare amalgamare meglio i due ingredienti.

Impastiamo la farina con il lievito, lo zucchero, l’uovo , il cucchiaino di buccia di arancia, il pizzico di sale, il latte stando attenti alla quantità che risulti giusta per ottenere un impasto morbido, lasciamo lavorare per amalgamare tutti gli ingredienti, uniamo il burro morbido poco alla volta. Continuiamo ad impastare fino a quando la pasta diventa lucida e setosa. Se è necessario uniamo un po’ di farina. Con le mani unte formiamo una palla e lasciamo lievitare fino al raddoppio nel forno con la lucetta accesa o vicino ad un termosifone.

Riprendiamo la pasta, la lavoriamo un po’ facendo delle pieghe a tre, ogni quarto d’ora per due volte. Queste servono a rendere l’impasto friabile. Ma potete non farle se non volete perdere tempo.

Stendiamo la pasta con il matterello allo spessore di 6 mm, uniamo sopra lo zucchero con la buccia di arancia. Copriamo bene la superficie ed arrotoliamo stretto a salsicciotto, pizzichiamo bene per sigillare la pasta. Tagliamo gli arancini allo spessore di un centimetro e mezzo. Sistemiamoli sulla lastra foderata di carta forno e lasciamo lievitare al caldo fino al raddoppio.

Friggiamo nell’olio di arachidi profondo, non risparmiano sulla quantità perché per gli arancini in poco olio, risulterebbero unticci. Mettiamone tre o quattro alla volta, girandoli spesso fino a vederli dorati.

Per cuocerli in forno, basta che questo sia a 180 gradi e lasciamoli fino a quando risultino dorati.

Per questa ricetta ringraziamo sempre don Trapè sconosciuto personaggio della nostra meglio gioventù!

Buon inizio di carnevale!

Belli e profumati
Arancini al forno buoni e leggeri
Arancini in lievitazione

PIZZUTÉLLU O BECCUTE – DOLCE DI POLENTA AVANZATA DELLA TRADIZIONE MARCHIGIANA


“Lu pizzutu” o “Li pizzutélli” singolari focacce destinate ai fanciuli che a Macerata vendevano per strada gridando così: “Calli e bboni e tennerelli.
Ci avemo messo lo zzibibbo… calli calli li spizzutelli’
Nel parlare popolare l’uva zibibbo si chiama anche “pizzuta” perché il chicco d’uva ha la forma a punta, da cui, a buon senso, il nome del dolce. C’è anche chi afferma che “pizzutu” deriverebbe da pizza, della quale il dolce ha la forma. Una focaccia simile a questa almeno nell’uso degli ingredienti, veniva cotta sotto la cenere, avvolta in foglie di cavolo.

Fin qui c’è la storia tramandata dalla tradizione marchigiana del pizzutello ma io racconto la mia, quella della nostra famiglia.

Cìrni cirnòla,

Nicola va a la scòla,

a scòla có’ lu canestréllu

pìnu pìnu de pizzutéllu.

La maestra jé fa la festa,

lu vùtta de la finestra.

Cirni cirni cirnòla Nicola va alla scuola, a scuola con il canestrello pieno, pieno di pizzutello, la maestra gli fa festa, buttalo dalla finestra.

Questa è una fra le tante filastrocche che mia madre cantava ai suoi figli piccoli per farli addormentare o per farli giocare.

La filastrocca nominava un povero bambino che andava all’asilo con il canestrello pieno di pizzutello e non si capiva se la maestra buttava di sotto il povero bambino o il canestrello pieno di pizzutello. Mistero irrisolto!

Lu pizzutéllu era un dolce di riciclo, che si preparava con la polenta avanzata del giorno prima ed impastata con un po’ di farina bianca, un acino di zucchero, un goccio di mistrà, le noci ed i pinoli o i fichi secchi, frutta secca che era di facile reperibilità. Non c’erano ingredienti particolari, erano tutti della cucina povera, alcune massaie univano l’uva pizzutella, da qui il nome del dolce, fatta essiccare appesa nelle soffitte. Il composto ottenuto si stendeva con le mani unte di olio, sopra una lastra o uno stampo rotondo, la mamma lo faceva cuocere nella stufa economica accesa per tutto l’inverno.

Una volta sfornato e fatto freddare si tagliava a fette. A quel tempo nessuna mamma lo spolverava con lo zucchero a velo, non era ancora alla portata di tutti.

Io ho aggiunto anche la cannella per sentire in casa il profumo che sa di feste natalizie.

Questi sono gli ingredienti

500 grammi di polenta avanzata e fredda

100 grammi più o meno di farina bianca

100 grammi di zucchero

50 grammi di latte più o meno ci dobbiamo regalare perché il composto deve essere morbido

Una manciata di uvette ammollate ed in infusione col mistrà Varnelli

50 grammi fra nocciole e mandorle tritate e fichi

Cannella a piacere

Un cucchiaino di lievito per dolci

Due cucchiai

di olio extravergine di oliva

Uno stampo o da plum-cake o da crostata.

Frulliamo ad immersione la polenta, uniamo la farina, lo zucchero, il latte che deve essere nella quantità giusta per ottenere un composto morbido, consideriamo che poi ci saranno gli altri ingredienti. Uniamo l’olio ed un cucchiaino di lievito per dolci, la cannella, mescoliamo bene, uniamo la frutta secca e le uvette con il mistrà, continuiamo ad amalgamare il composto e con le mani unte, lo stendiamo sullo stampo da plum-cake o da crostata foderato di carta forno. Mettiamo a cuocere a 170 gradi per un’ora. La superficie deve diventare nocciola ed il composto ben rassodato. Lasciamo freddare per un po’ e mettiamolo sopra una grata togliendolo dallo stampo. Una volta freddo io preferisco tagliare a fette lu pizzutéllu e farlo biscottare cosparso di zucchero e cannella.

A piacere si può lasciare così senza passarlo in forno per la seconda volta e spolverato di zucchero a velo.

Questa è la ricetta classica di recupero, però da qui si prendeva lo spunto per preparare con gli ingredienti nuovi dei particolari biscotti chiamati beccute!

Le beccute erano i biscotti preferiti del poeta marchigiano Giacomo Leopardi.

Ingredienti per le beccute

g 500 di farina gialla

g 100 di zucchero

3 cucchiai di olio di oliva

g 120 di uvetta, ammollata in acqua tiepida, e messa in infusione nel mistrà

g 40 di pinoli

g 60 di gherigli di noci, pelati e tritati

g 60 di mandorle tritate

g 80 di fichi secchi tritati

sale

Preparazione

Sulla spianatoia o nella ciotola versiamo la farina, uniamo lo zucchero, I’olio, l’uvetta, i pinoli, le noci, le mandorle ed i fichi, un pizzico di sale, impastiamo aggiungendo acqua tiepida, fino ad ottenere un impasto morbido liscio, ed elastico; formiamo tanti biscotti con le mani (oppure filoncini), che disponiamo sulla placca foderata di carta forno e mettiamo in forno (caldo a 180°), fino a dorare. Serviamo le beccute tiepide o fredde!

Queste ricette fanno parte del nostro patrimonio gastronomico popolare e povero, facciamone buon uso portandole a conoscenza in questi tempi di scarsa fantasia popolare, il vecchio è sempre una novità per chi non lo conosce. A buon intenditor poche parole!

Buona vita, buon pizzutéllu o beccute! Il resto è noia ❤️

Lu pizzutéllu

Lu pizzutello a fettine e tostato

Lu pizzutéllu nello stampo da plum-cake e tostato la seconda volta

CHEESECAKE CON LE CILIEGIE E FILADELFIA AL FORNO

C’era uno scaffale da controllare in questi giorni di cambiamenti, (pulizia profonda) quello in basso di una vecchia cristalliera anni sessanta, con sopra le due vetrinette per esporre le varie chicchere della sorella maggiore.

In basso, una marea di riviste di cucina, di fiori e foglie essiccati fra le pagine di un album e disegni degli ex bimbi.

C’era un po’ di tutto, agende con le entrate e le uscite mai finite di appuntare fino alla chiusura di un anno. Sono stata sempre così, mille lavori e cose mai finite perché mi stancavano dopo un po’.

Le lascio ancora lì, in attesa di una mano di chi non si sa. Certamente non interessa a nessuno. Altri tempi ed altre cose da fare.

Fra gli appunti scritti a mano, copiavo sempre le ricette in qualsiasi posto mi trovavo, c’era quella della torta dolce di formaggio e ciliegie, la cheesecake americana che si cuoceva in forno che per quei tempi era una novità.

Allora le torte erano sempre fatte con la pizza sbattuta, cioè il pan di Spagna, tagliate in mezzo, bagnate di alchermes o con caffè e Stock 84, che fegato, crema pasticcera gialla e al cacao, poi qualche crostata e solitamente lu ciammellottu (il ciambellone) rotondo o a filette.

Nella ricetta della torta moderna, c’era il primo formaggio spalmabile arrivato sugli scaffali delle pizzicherie e dei primi mini supermercati, si chiamava Dover era contenuto in un bicchiere di vetro, dopo qualche anno come spesso faceva e fa la comunità europea, veniva tolto dal mercato, non aveva nessuna denominazione di origine o mancava di qualche sgorbio. Chi lo può sapere!!!!!. Per ovviare a questa mancanza, arrivava la Filadelfia portando la moda di usarla per le torte cotte, la cheesecake americana.

Nel dolce c’erano le ciliegie fresche posizionate sopra la superficie prima di metterlo in forno. Una volta cotta le ciliegie sprofondavano, ma il sapore era ineguagliabile.

È passato molto tempo da allora, la famiglia è cresciuta ed il dolce è stato dimenticato anche a causa dei mille dolci che nel frattempo ho imparato.

Oggi l’ho voluto rifare per una occasione speciale, ho raddoppiato la dose ed è sparito.

Conviene ogni tanto dimenticare la dieta, tanto del diman non c’è certezza ed il resto è noia!

Allora vi offro il racconto della mia ricetta antica ma buona!

Ingredienti

4 uova di galline felici o puttane

70 grammi di burro

160 grammi di zucchero

110 grammi di Filadelfia

150 grammi di farina per dolci

Una bustina di lievito per dolci

350 grammi di ciliegie snocciolate

Due cucchiai di zucchero e succo di limone

Preparazione

Denoccioliamo le ciliegie, mettiamole in una ciotola con due cucchiai di zucchero ed il succo di limone, mescoliamo e lasciamo riposare.

Montiamo a crema il burro e lo zucchero, uniamo un uovo alla volta, il succo di limone, la Filadelfia e la farina con il lievito. Versiamo il composto nello stampo foderato di carta forno, livelliamo la superficie e ricopriamola con le ciliegie ed il succo.

Mettiamo a cuocere a 180 gradi per tre quarti d’ora, copriamo la superficie se diventa scura. Regoliamoci per la cottura più lunga, se faremo quella con la dose raddoppiata.

Facciamo la prova dello stecchino che deve uscire asciutto. Lasciamo freddare il dolce e lo sistemiamo in un bel piatto di portata. Decoriamo con alcune ciliegie sciroppose o fresche e con lo zucchero a velo!

Il dolce è più buono da freddo e con questo caldo che fa, lo conserviamo in frigo!

Per fare le ciliegie sciroppose, basta denocciolarle e farle cuocere con il succo di limone ed un cucchiaio di miele al microonde o in un pentolino.

Ho messo due foto del dolce, quella versione fatta per prima e l’altra con gli ingredienti raddoppiati.

A voi la scelta!

Buona vita, buona cheesecake con le ciliegie al forno! ❤️



TRONCHETTO DI NATALE AL CACAO CON CREMA DI RICOTTA AL CAFFÈ E CIOCCOLATO FONDENTE

Facilissimo e buonissimo è l’antico tronchetto di Natale tradizionale dolce che a casa nostra non può mancare mai, per nessun motivo sulla tavola decorata di Natale!

Correva l’anno, non vorrei dirlo, perché capirete quanto sono in là con gli anni, ma ringrazio Dio per essere ancora qua, e questo tronchetto di Natale spadroneggiava sulle tavole come il dolce innovativo e più buono di tutti i soliti. Era una ricetta che voleva imparare a farla tutti, io stessa la insegnai a molte amiche che purtroppo non ci arrivarono mai a farlo per bene.

Erano gli anni settanta, fate voi il conto, e durante il periodo pre natalizio, mi ritrovavo a fare un tot di tronchetti da regalare a medici, parenti ed amici. Qualcuno ha viaggiato oltre l’Italia e ne sono onorata per il bel ricordo che ho lasciato, tanto ma tanto, che mi commuovo ancora per la gratitudine di questi amici.

Gli anni sono passati, via via le cose sono cambiate, la fatica si è fatta sentire sempre di più ed i tronchetti di Natale, sono scemati ogni anno di più!

Gli amici, i parenti ed i medici sono purtroppo passati a miglior vita, rimanendo così pochi tronchetti da fare, quelli essenziali non di più!

Passo al racconto della ricetta, portando nel cuore tanta tristezza per il mondo e la vita che ci stanno martoriando, sperando che si arrivi in fondo al tunnel per trovare la luce!

Dio ci protegga e ci aiuti presto!

Questi sono gli ingredienti

100 grammi di cacao amaro

50 grammi di farina 00

150 grammi di zucchero bastano anche 100 grammi meglio diminuire lo zucchero, ma fate a piacere

5 uova di galline felici o puttane (quelle del supermercato)

1/2 bustina di lievito per dolci

Per la crema di ricotta

450 grammi di ricotta scolata per bene

Caffè freddo

100 grammi di zucchero

Cioccolato fondente a scaglie a piacere

Rum o brandy per mescolare al caffè

Caffè per inzuppare la pasta biscotto

Preparazione

Foderiamo una lastra con la carta forno.

Montiamo le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto bianco e spumoso, uniamo il cacao e la farina con il lievito setacciati mescolando piano piano per non smontare il composto.

Versiamo il composto sulla lastra foderata coprendo tutta la superficie e mettiamo a cuocere a 200 gradi per 8/10/minuti, toccando la pasta questa deve essere morbida al tatto.

Capovolgiamo la pasta biscotto sopra un tovagliolo spolverato di zucchero ed avvolgiamo a rotolo, lasciamolo freddare prima di spalmare la crema!

Lavoriamo la ricotta scolata per bene con lo zucchero, il caffè e il cioccolato fondente a scaglie, prendiamo la pasta biscotto e spruzziamolo con il caffè ed il liquore, ricopriamolo di crema di ricotta lasciandone un po’ per ricoprire il dolce e chiudiamolo a rotolo.

Avvolgiamo il rotolo nella carta forno e mettiamolo in frigo a rassodare.

Togliamo il tovagliolo e ricopriamo il dolce con il resto della crema di ricotta e scaglie di cioccolato fondente, tagliamo le estremità per formare i rami laterali, possiamo anche farci i nodi lavorando con le punte della forchetta.

Mettiamolo in frigo fino al momento di portarlo in tavola!

Possiamo anche unire alla ricotta qualche cucchiaio di crema di nocciole con la quale disegneremo i nodi in superficie.

Buona vita, buon tronchetto antico di Natale ❤️

Buonanotte

CRUSTINGU

L’ennesima ricetta del crustingu con qualche cambiamento per il miele ma cambia poco nella sostanza .

È una ricetta sempre molto laboriosa con una miriade di ingredienti, ma vale la pena farla conoscere anche oltre il confine marchigiano!

Buona vita, buon lavoro e buon crustingu ❤️

Se ci mettete un po’ di voglia ed avete tempo da perdere, fate lu crustingu!

un kg di fichi secchi

100 g di uvetta

100 g di miele

100 g di zucchero

100 g di cedro candito

a cubetti (facoltativo)

100 g di nocciole

gherigli di noce a piacere, più ne mettete più è buono

mandorle

100 g di cioccolato fondente

120 g di farina

100 g di pangrattato

un pizzico di noce moscata

la scorza grattugiata

di un limone

la scorza grattugiata di un’arancia

un bicchiere di
sapa o
vino dolce

una tazzina di caffè

olio e farina per lo stampo

Mettete a bagno i fichi secchi e l’uvetta la sera nella sapa o un vino dolce tipo cotto.
Il giorno successivo metteteli a cuocere per il tempo necessario ad ammorbidirli, mescolate in una grande ciotola lo zucchero, la farina, il pangrattato, il miele, la noce moscata, la scorza di limone e di arancia. Aggiungete le noci e le nocciole tritate grossolanamente, i fichi macinati, l’uvetta, il cioccolato tagliuzzato, il cedro candito le mandorle, il caffè e l’olio. Impastate tutti gli ingredienti e scaldate il forno a 150°.

Ungete d’olio e infarinate quattro stampi e versatevi il composto. Fate cuocere il dolce in forno già caldo a 150° per circa 40 minuti. Fate raffreddare, sformate e decorate, se vi piace, con canditi misti, cosa che a me non piace!
Ma ognuno ha i suoi gusti!

CIAMBELLONI DI MOSTO SAPA E SEMI DI ANICI

In questo nostro diario di ricette tradizionali e non, c’è già la ricetta dei ciambelloni di mosto fresco e semi di anici, non serve scriverne un’altra. È una ricetta ben collaudata e dà soddisfazione alla fine del lavoro, c’è solo l’aggiunta della sapa o saba quella dolcissima salsa che è il risultato della lunghissima bollitura del mosto fresco.

La sapa è ottima per dar corpo al sapore dell’impasto ed un intenso profumo insieme al colore ambrato che prenderanno i ciambelloni.

Per la ricetta basta seguire quelle che troverete qui ed unire un cucchiaio o due di sapa.

La sapa è ottima sulle fragole, sui gelati, sui formaggi e nelle preparazioni di dolci tradizionali come il lonzino di fichi, i cavallucci ed il crustingu. Una squisitezza è versata sopra la polenta della quale c’è una ricetta tradizionale popolare. Tutte ricette che troverete in questo diario.

Qui troverete le ricette

👇

https://farinaefiore.com/2015/10/21/ciammella-de-musto/

https://farinaefiore.com/2020/09/01/ciambellone-o-filone-di-mosto/?relatedposts_hit=1&relatedposts_origin=397&relatedposts_position=1

Vi voglio far vedere le foto degli ultimi ciambelloni con la sapa fatti in questo tempo di vendemmia!

L’autunno è arrivato, i suoi colori e sapori ci renderanno la vita meno amara!

Sappiamo quel che sta passando tutto il mondo!

Verranno tempi migliori? Io non lo so! Certo resteranno le cicatrici in molti di noi!

Buona vita, buoni ciambelloni di mosto fresco sala e semi di anici ❤️

La nostra sapa è invecchiata ed è del 2006

LA TORTA ANTICA E LA FESTA ANTICA

C’era una volta la torta antica, quella semplice fatta con le uova di galline felici, c’erano solo quelle a quei tempi perché eravamo tutti felici. La pizza sbattuta la chiamavamo, chi lo sapeva che era il pan di Spagna? Mica c’erano lo chef e la Benedetta di turno che ci insegnavano!

Nostra madre faceva sempre la pizza sbattuta, ad ogni compleanno, ad ogni festa, per i battesimi, le comunioni, le cresime, gli anniversari del suo matrimonio. La serviva con lo squaglio, la cioccolata calda messa nelle tazzine di tutti i colori, lei faceva la bevanda sublime, sul pentolone con il cacao e lo zucchero che lasciava sciogliere con il latte freddo, la metteva a cuocere mescolando spesso per non farla bruciare sotto, sarebbe stato un grosso guaio, avrebbe dovuto usare ancora altro zucchero e tutto il resto, erano preziosi gli ingredienti mica poteva sprecare!

La pizza sbattuta lei la faceva sbattendo con la sola forza delle mani, prima le uova con lo zucchero, poi univa la farina, le chiare montate lavorando tutto delicatamente per non smontare il composto.

Nei tempi antichi lei andava a fare la pizza sbattuta al forno dei suoi genitori Damone e Catarì, quel posto con i gradini laterali su per la salita che portava alla chiesa della Madonna del Soccorso. Le donne di Petriolo facevano lo stesso, nessuno o quasi aveva il forno nelle case!

La pizza sbattuta si faceva anche per Pasqua, in molti parti della regione si mangiava anche con i salumi la mattina della resurrezione di Gesù. (Io mai lo farei)

Questo è una parte di quel racconto di una vita fa, ci sono molti episodi da raccontare, le poche persone rimaste in paese, non si ricordano neanche che c’era il forno con quel fornaio particolare perennemente con la sigaretta accesa in bocca e sboccacciato e di mano lesta con alcune massaie che si lasciavano andare quasi compiaciute del suo atteggiamento.

In questo diario gastronomico di ricette antiche, tramandate da nonna, madre e figlia e di ricette nuove di fantasia, troverete la ricetta della pizza sbattuta e delle creme, non occorre che la riscriva qui.

La diversità di quella già scritta è data dalle ciliegie sciroppose che ho fatto l’estate scorsa e dalle nocciole inserite nella crema al cioccolato. Per il resto bisogna lavorare di fantasia. Un particolare che ricordo è la siringa dei dolci, una sac a poche di quegli anni fine cinquanta ed inizio sessanta.

Sono stati anni meravigliosi, il ricordo di loro mi fanno passare la malinconia che a volte si tramuta in depressione per questo maledetto tempo che sembra non lasciarci più!

È la vita, questa però ha superato ogni limite, chi mai avrebbe immaginato una esistenza simile sull’orlo dell’abisso?

Buona vita, buona pizza sbattuta antica 🙏❤️

Qui trovate la ricetta 👇

https://farinaefiore.com/2019/05/18/pizza-sbattuta-antica-o-pan-di-spagna-alle-crema-pasticcera-e-al-cioccolato-fondente/

Vi ricordo che per fare la crema al cioccolato e le nocciole, basta frullare queste ed unirle alla crema già fatta, potete mettere le ciliegie sotto spirito e bagnare ogni strato con un liquore o di ciliegie o di altro tipo.

Biscotti con l’ammoniaca (pastarelle secche di ammoniaca)

Peppa e li viscòtti co l’ammoniaca

La porta della cucina di Peppa, con la madia e la credenza verniciata di verde acqua e le maniglie argentate, era serrata, lei intenta a preparare i biscotti con l’ammoniaca e la scorza di limone, non voleva che nessuno la vedesse perché i suoi dolci non sarebbero riusciti bene. Era molto superstiziosa, ogni suo inizio di preparazione era accompagnata da un misto di sacro e profano.

Peppa prima si segnava col segno della croce, poi faceva un misterioso segno per aria, sputava per terra, cancellando ogni traccia. Se era nei giorni impuri, non toccava niente in cucina, si contaminava. Pane ed olio e erbe tróate era il suo pasto e per merenda pane bagnato di vino bianco e zucchero che lei qualche volta di nascosto da me, dava a mio figlio di pochi anni.

Lei era segreta anche nelle sue ricette, per esempio quella de “li scroccafusi”, se l’è portata nella tomba.

Per la ricetta dei biscotti con l’ammoniaca, ti diceva; méttece la farina, la mmuniàca, te devi regolà, du’ òe, un acino de zucchero, la scorza de limò, un pó de strutto se ce l’hai, se no, méttece l’olio de casa. Impasta e taglia li viscòtti con ‘na tazza. Míttili a còce fino a quando sìndi la puzza de mmuniàca.

Altro non diceva!

A Peppa piaceva fare le cose grandi in cucina perché diceva; se deve sindì sotto li denti.

Io la sua ricetta non ce l’ho, ho provato a fare i biscotti con l’ammoniaca a modo mio, poi cercando fra le mille ricette di casa mia, ne ho trovate più di una, più o meno il sapore è quello, però cambiano un po’ gli ingredienti.

Queste sono due ricette, una lasciatemi da un altro personaggio antico amico di casa, un’altra, da non so chi.

Le mie ricette scritte sull’agenda di chissà quanti anni fa, le custodisco con molta cura e gelosia, potrà leggerle ed eseguirle chi verrà dopo di me.

I miei biscotti con l’ammoniaca sono stati fatti anche lo stampo con il simbolo di Ercolano lavorato con il tornio da mio figlio.

Vi racconto gli ingredienti e la preparazione.

Ingredienti

500 grammi di farina 00

150 grammi di zucchero

5 uova di galline felici o no

Due cucchiai di strutto o 100 grammi di burro o 50 grammi di olio di girasole

La buccia di limone

25 grammi di ammoniaca

Per la cottura

Un tuorlo d’uovo

1/2 bicchierino di Varnelli o mistrà senza marca o rum

Zucchero

Preparazione per questa ricetta

Sulla spianatoia versare a cratere, la farina, lo zucchero, le uova, lo strutto morbido o il burro morbido o l’olio scelto, la buccia di limone e l’ammoniaca. Impastiamo per ottenere un impasto morbido.

Spianiamo l’impasto, con il matterello nello spessore di tre mm, con un bicchiere o una forma a piacere tagliamo i biscotti. Disponiamoli sopra una lastra foderata di carta forno. Spennelliamo i biscotti con il tuorlo mescolato al mistrà, spolveriamo di zucchero e cuociamoli a 200 gradi fino a dorare, ci vorranno 9/10 minuti, dal profumo capiremo che sono cotti. Togliamoli subito dalla lastra e lasciamo che si freddino all’aria.

Ora passiamo all’altra ricetta.

Ingredienti

500 grammi di farina 00

15 grammi di ammoniaca

200/ 250 grammi di latte

2 uova di galline felici

150 grammi di zucchero

50 grammi di burro o 30 di olio extravergine di oliva o di girasole

La buccia di limone

Preparazione

Impastiamo tutto e regoliamoci con il latte che potrebbe volercene di meno o di più a seconda della grandezza delle uova. La cottura è la stessa di quelli sopra, solo che i biscotti non sono stati spennellati ma lasciati grezzi.

Tutti i biscotti si mantengono meglio non al chiuso ma lasciati o in un sacchetto o in un porta biscotti non completamente chiuso. Io li preferisco croccanti che mosci perché lo diventerebbero stando senza l’aria.

Tutti e due i biscotti sono ottimi anche dopo alcuni giorni, buonissimi inzuppati nel latte e nel nostro meraviglioso vino cotto.

Buona vita, buoni biscotti con l’ammoniaca di Peppa ❤️🤣

Cinnamon sugar pull apart bread

Sta girando abbastanza tutto male da un anno a questa parte ed io lo faccio ancora di più a me stessa, con due fette staccate da questo pane grasso, dolce, profumato di cannella e di spezie, chiodi di garofano, noce moscata e fava tonca.

Questo pane ha origini inglesi, è un po’ laborioso, ma io queste sfide le accetto, qualcun’altra no. Arriva dall’Inghilterra e si chiama pull apart bread, letteralmente pane diviso per via della sua particolare forma, è una sorta di pan brioche, a strati divisi in quadrati disposti in verticale.

Un grande lavoro ma vale la pena. Il tempo ieri è stato ammazzato così e con altre cose oggi, troverò un altro modo per farlo ancora. E ricordatevi che sta tirando un forte vento, questo a me potrebbe dare molto fastidio specialmente in cucina!

La ricetta è abbastanza lunga ed impegnativa, io ve la racconto così!

Ingredienti

Farina 00 gr 500

50 grammi di zucchero

3 grammi di lievito di birra disidratato

60 grammi di burro

140 grammi di latte intero o scremato

Tre uova a temperatura ambiente

Semi di vaniglia

Buccia di arancia o limone

Cannella

Noce moscata grattugiata

Chiodi di garofano

Un pizzico di sale

Nota per l’impasto. Noi abbiamo messo le spezie della cannella, chiodi di garofano e noce moscata, ma possiamo anche non usarle. Fate a vostro piacimento.

Note:

Per ottenere un miscuglio di cannella, chiodi di garofano, mettiamo le spezie in un frullatore insieme a qualche cucchiaio di zucchero, frulliamo fino ad ottenere una polvere che possiamo conservare in un barattolino per ogni volta che vorremo usarli.

Per il ripieno

100 grammi di zucchero semolato

100 grammi di zucchero di canna

Cannella

Noce moscata e chiodi di garofano

Fave tonka (facoltativa) o un cucchiaio di cacao amaro

60 grammi di burro

Preparazione

Mettiamo nella ciotola della planetaria la farina, il lievito di birra disidratato e lo zucchero, il burro morbido, latte a temperatura ambiente, regoliamoci prima di metterlo tutto, perché potrebbe servirne meno o di più per l’aggiunta delle uova, cominciamo ad impastare fino ad amalgamare tutto, uniamo il sale, un uovo alla volta, stando attenti a farne assorbire uno alla volta. Lasciamo impastare fino ad incordare, lo capiremo quando le pareti della ciotola saranno pulite.

Togliamo la ciotola, copriamo con un sacchetto per surgelati e mettiamo a raddoppiare nel forno con la luce accesa.

Nel frattempo mescoliamo lo zucchero semolato e quello di canna, le polveri delle spezie, che serviranno per il ripieno.

Riprendiamo la pasta lievitata, lavoriamola ancora un po’, pirlandola sopra il piano di lavoro, dobbiamo fare una palla bella liscia.

Stendiamola in un quadrato di trenta centimetri, sopra spalmiamo il burro fuso e tiepido, copriamo con le polveri di zucchero e spezie mescolate e preparate prima. Tagliamo 16 scacchi, sovrapponiamoli due a due e sistemiamoli in verticale, nello stampo da plum-cake unto ed infarinato di zucchero, cannella ed un po’ di farina, lasciamo lievitare nel forno spento con la lucina accesa, fino a quando la pasta raggiunge il bordo dello stampo.

Accendiamo il forno a 180 gradi, una volta raggiunta la temperatura, inforniamo il dolce prima spolverato di zucchero e cannella e infiocchettato di burro. Lasciamo cuocere per 40/45 minuti, a metà cottura copriamo la superficie con un foglio di alluminio. A cottura ultimata, spegniamo il forno e lasciamo intiepidire prima di sfornarlo.

Cicerchjàta (cicerchiata)

Noi abbiamo fatto festa con la nostra cicerchiatacup 👌

Le origini della cicerchjàta non sono chiare: c’è chi sostiene che sia nata in Abruzzo, in particolare nell’area del Sangro, famosa per la produzione di miele, mentre altri ne attribuiscono la nascita in tempi ancora più lontani, nelle terre a confine tra Umbria e Marche: da qui si sarebbe poi diffusa nelle regioni vicine. Anche sulle origini del nome ci sono diverse versioni: molti pensano che “cicerchiata” sia un termine medievale che rimanda alla cicerchia, antico legume molto diffuso in Africa, Asia e alcune regioni del centro Italia. Significherebbe quindi “mucchio di cicerchie”.

Si impastano uova, burro ed il mistrà Varnelli o di altra marca, si formano dei serpentelli che vengono tagliati a rocchetti piccoli che una volta fritti diventano delle palline irregolari. Si friggono e si rivestono di miele profumato all’arancia.

Mia madre non usava la bilancia né per questa ricetta, né per molte altre preparazioni. Le servivano un cucchiaio, ed un occhio oltre le mani che sapientemente capivano la giusta dose, come per la cicerchiata per la quale bisognava usare il numero 4.

4 uova di galline felici, allora lo erano tutte, 4 cucchiai di zucchero, 4 cucchiai di mistrà Varnelli, 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, un acino di lievito di birra, facoltativo questo, ma ve lo consiglio, 4 cucchiai di mandorle pelate, 4 cucchiai di miele, 4 cucchiai di zucchero, olio di semi di arachidi o strutto. Per fare la cicerchiata, lei impastava la farina tanta quanta ne serviva a lavorare le uova con la forchetta, univa lo zucchero, il granello di lievito, (questo era un suo segreto), mescolava per amalgamare, solo allora univa il mistrà Varnelli, prima no perché avrebbe bruciato le uova, l’olio e la buccia di limone. L’impasto doveva essere morbido da stendere con il mattarello, o con i polpastrelli, tagliava tanti serpentelli, li ritagliava a piccoli cubetti che tuffava nell’olio caldo o nello strutto. Nel frattempo aveva tostato le mandorle, le tagliava, nella padella metteva il miele, lo zucchero, e tre cucchiai di mistrà Varnelli, lasciava sciogliere lentamente mescolandoci i cubetti fritti, le mandorle e con un cucchiaio lasciava unire il tutto. Versava il composto sopra uno stampo unto dandogli la forma che le piaceva e con le mani unte e due cucchiai per non scottarsi, compattava bene. Una volta fredda la tagliava e la serviva ai suoi piccoli.

Buon cammino di carnevale!

Allora, se non vi fidate del numero 4, vi lasciamo un’altra ricetta con anche il cacao e gli ingredienti pesati.

Ingredienti

500 grammi di farina 00

3 uova di galline felici

50 grammi di burro

Un bicchierino di mistrà Varnelli

150 grammi di zucchero

Buccia di arancia o di limone

Olio per ungere il piano di lavoro

O un cavarè (un vassoio)

Olio di arachidi o strutto per friggere

Per condire la cicerchiata

200 grammi di miele

150 grammi di zucchero

10 grammi di cacao amaro

Il succo di limone

Buccia di limone o di arancia

Preparazione

Impastiamo la farina con le uova, il burro, la buccia di limone o di arancia, una volta amalgamato tutto, uniamo il mistrà Varnelli o un altro liquore. Finiamo di impastare fino ad ottenere un impasto morbido. Formiamo con la pasta, dei serpentelli sottili, li tagliamo a rocchetti piccoli, come delle palline irregolari, le friggiamo nell’olio di arachidi o nello strutto caldo. Li scoliamo e li lasciamo a perdere l’unto sopra la carta paglia.

In una pentola sciogliamo il miele con lo zucchero, uniamo il cacao setacciato, la buccia di limone o di arancia il succo di limone: mescoliamo con un cucchiaio di legno, caliamoci le palline fritte, mescolando per caramellare il tutto. Versiamo il composto sopra il piano unto, compattiamo con l’aiuto di due mezzi limoni e formiamo una piramide o un salame. Lasciamo raffreddare e tagliamola in pezzi. Noi abbiamo fatto la cicerchiata mini porzione mettendola in una coppetta foderata di carta forno e legata con un fiocchetto rosso. La cicerchiatacup!

Buona vita, buona cicerchjata ❤️