Cannelòra dell’inverno sémo fòra;
se ce dà sóle solellu c’è quaranda dì d’inverno, se ce négne e se ce pioe ce ne sta quarandanove.
O arda o vàssa l’invernàta è fino a Pasqua!
Buona festa della Luce!
Cannelòra dell’inverno sémo fòra;
se ce dà sóle solellu c’è quaranda dì d’inverno, se ce négne e se ce pioe ce ne sta quarandanove.
O arda o vàssa l’invernàta è fino a Pasqua!
Buona festa della Luce!
A sand’Andò se non ha sbiangato sbianga!
A s. Antonio se la neve non e arrivata, arriverà.
Sant’Andò de la varba bianga,
de la nè’ ne porta tanda.
S. Antonio con la barba bianca, porta tanta neve.
Detti popolari petriolesi e dintorni per il giorno della festa di s. Antonio.
Il 17 gennaio è la festa di s. Antonio protettore delle bestie, i nostri amici a quattro zampe e non… pure quelli a due e che volano.
Un giorno di un’epoca che non c’è più, il giorno di s. Antonio, di buon mattino ci si recava ad ascoltare la messa solenne per onorare s. Antonio protettore delle bestie, oggi per andare incontro alla popolazione tale festa viene spostata la domenica perdendo tutto il suo fascino. Finita la messa fuori nella piazzetta di s. Martino si davano inizio ai riti popolari, si benedivano i panini anzi le pagnottelle così si chiamano anche oggi, e gli animali di ogni genere infiocchettati e accompagnati dai contadini anch’essi “rvistiti” a festa per l’occasione.
A benedizione terminata si dava inizio agli spari. Chi poteva doveva lasciare una piccola offerta un piccolo gesto che serviva per i più bisognosi ed in cambio riceveva il calendario campagnolo di s. Antonio. Il calendario utile per conoscere le feste, appuntare date da ricordare e conoscere le fasi lunari, veniva appiccicato sulla porta di ogni stalla con l’appiccicasanti una colla fatta di farina ed acqua.
Il pane benedetto doveva essere mangiato facendosi il segno della croce e bisognava mescolarlo al pastone di tutti gli animali posseduti in campagna.
Purtroppo questo santo protettore delle bestie, non era assolutamente ben visto dalle “fandelle”, le ragazze da marito, prendere la sua benedizione significava per loro rimanere per s. Sant’Andò, cioè zitelle.
La sera il santo Anacoreta portava ai bimbi marchigiani “lu vecchiò”, il befanone carico di un sacco ripieno di frutta come arancia e mandarini, caramelle e qualche giocattolo per i più fortunati. ”
Gli antichi credevano che “lu vecchiò”, aprisse la strada al carnevale.
Sant’Andò: N’ora e’m-po!
A Sant’Antonio le giornate si allungano di un’ora e un po’.
Ricordiamoci le nostre tradizioni, non lasciamo che le nostre menti diventino offuscate pensando che il passato non serva più a niente! Sarebbe davvero un peccato, nessuno più in avvenire saprà raccontare quello che eravamo!
Allora ritorniamo a preparare questi deliziosi panini e gustiamoli con salumi o farciti di crema pasticcera o al cacao. Un’altra tradizione racconta che in ogni mezzo panino una volta si nascondeva un cioccolatino.
Prepariamo i nostri panini facendo per prima fermentare nella ciotola un cucchiaino di lievito secco mastro fornaio con un un cucchiaino di zucchero e 250 grammi di acqua e lasciamo tutto nel forno spento fino a quando in superficie si presenta una bella schiuma.
Nella ciotola della planetaria o sopra la spianatoia mettiamo 200 grammi di farina Manitoba o di forza w 360 con altri 400 grammi di farina 0, uniamo il lievito fermentato, altra acqua quanta ne serve per ottenere un impasto morbido. Lasciamo lavorare per qualche minuto ed uniamo un cucchiaino di sale fino e 50 grammi di olio di girasole o extravergine di oliva, a me piace di più il sapore di quello di girasole. Lasciamo impastare per bene e quando l’impasto si stacca dalla ciotola è pronto. Lo togliamo e lo mettiamo coperto dalla pellicola nel forno spento ma con la lucetta accesa.
Al raddoppio sgonfiamo la pasta lavorandola per renderla setosa e morbida, tagliamo tanti pezzetti dal peso di 50 grammi, lavoriamo ogni pallina e poniamo una volta finite tutte le palline sopra una ladra foderata di carta forno. Lasciamo lievitare fino al raddoppio.
Mettiamo a cuocere a 180 gradi per mezz’ora più o meno. I panini devono essere dotati non facciamoli scurire. Spegniamo il forno e lasciamo freddare.
I panini sono buoni col salato e con la marmellata o la cioccolata. Non aspettiamo la festa di s. Antonio per prepararli!
Buona vita, buoni panini di s. Antonio ❤️
Serena domenica a tutti e un grazie particolare a chi ci segue in questo diario familiare di racconti di tradizioni e ricette gastronomiche petriolesi che non vogliamo si perdano.
Ricetta sempre qui https://farinaefiore.com/2019/10/20/ciambellone-o-filone-di-mosto-con-anici-o-uvetta/
Buona vita, buona domenica ❤️
Settemmre quànno l’ùa è fatta e li fichi pènne!
Settembre quando l’uva è matura e i fichi pendono!
Detto popolare della provincia di Macerata
In foto il pannociato o pane alle noci e il biscotto con mosto fresco e semi di anici
Luglio ti porta visciole, pesche e mele.
Benvenuto luglio!
Buona vita, buon mese di luglio e buona frutta ❤️
pija la farce e véni spundanno
Detto popolare maceratese!
S. Giovanni;
prendi la falce e comincia a falciare!
Lavanda, loietto e rape selvatiche!
Benvenuto giugno.
Tutti li jorni se fa sera ma de giugnu a malapena.
San Pietro:
pija la farge e mèté!
L’ora de lo mete’ e lu voccò
A vent’ore, verso le 16, si consumava lu voccò, una specie di stuzzichino consistente in salato cioè il capo lonza e pane, oppure crescia con un bel bicchiere di vino.
Lonza, fichi e melone, antipasto di oggi di un anno fa 🤣
Detti e usi popolari marchigiani.
Carnevale Petriolese
“È questa enfatica espressione che dice come e quanto sia desiderato il Carnevale dai nostri padri. Non perché essi fossero dediti al passatempo e alla pazza gioia, ma in opposizione a quella loro vita morigerata e di lavoro per cui i nostri avi non conoscevano divertimenti se non in tempi determinati”.
…
“Il Carnevale offriva al nostro popolo di sbizzarrirsi un poco in festini e balli, in mascherate, in ghiottonerie .. avevano grande parte gli “scroccafusi”, le “frittelle”, le “sfrappe”, le “castagnole”.
…
“Nella piazza maggiore del paese, ove si radunava il popolo, suolevasi erigere un palco. La brigata in maschera appariva e faceva baccano indicibile, portando un’onda di chiassosa allegria; tanta da non far sentire talvolta il gelido vento che soffiava e sferzava il viso. Molti ridicoli, gesti esagerati e burloni, strumenti musicali grossolani adatti solo a far rumore, muovevano le risa del popolo presente.
Sul palco avveniva l’ultima mangiata di maccheroni, che offrivano anche al morituro Carnevale, e che tenevano (questo avveniva a Petriolo), tanto per far senso sugli spettatori, in vasi per uso facilmente immaginabile.”
tratto da Carnevale, Costumanze Marchigiane, 2° raccolta, Macerata luglio 1947, Giovanni Ginobili
Carnevale Petriolese
Con questa bellissima notizia che il portale Discovery Marche ha condiviso la nostra tavola, vi auguriamo Buona Pasqua!
E questa invece, è la tavola di quest’anno!