Adè rriàta ll’ora de lo mète, lète lu collarì signor abbate!
È tempo di mietitura, levati il collare signor abbate, perché ti appresti a gustare ogni ben di Dio che viene preparato per gli operai “ll’òpre” e i numerosi membri della famiglia di campagna.
Lu voccó de mezza jórnata o merigghio e ll’ora de lo mète!
Il boccone di metà mattina o del pomeriggio e il tempo della mietitura.
La povertà degli ingredienti contrapposta alla ricchezza inventiva della massaia, hanno creato un dolce semplicissimo ma di una bontà eccezionale, che veniva preparato in occasione delle feste principali, come a Pasqua, nei compleanni e durante il tempo della trebbiatura.
Insieme a “lu ciammellòttu,” così viene ancora chiamato in alcune zone del territorio marchigiano, si beveva il vino cotto “di chjaétta”, della migliore qualità.
Per fare questo ciambellone la “vergara”, la moglie, la donna di casa di campagna, impastava tre uova di galline felici, a quei tempi pure di più, con 150 gr. di zucchero, li montava con la forza delle braccia, univa la scorza di limone, un bicchiere di olio d’oliva di casa, un bicchierino di “mistrà” fatto in casa, l’acqua vite di vino con l’aroma dei semi di anice, 250 di latte e 300 grammi di farina con la “cartina”, il lievito per dolci e “le mannole” le mandorle del proprio albero di mandorle.
Li “ciammellotti”, cotti nel forno a legna sistemato “sotto la cappànna”, venivano accomodati con molta cura, nelle “canèstre”di vimini, queste portate con semplicità dalle vergare sopra la testa, con una “spara” uno strofinaccio da cucina arrotolato come una ciambella “la ciammèlla” per attutire il peso.
I ciammellotti potevano essere a ciambella o a filoni, si offrivano a “colazió” la mattina o a “merennétta, “lu voccó “de mezzo merigghio”, il boccone del pomeriggio.
Un vecchjé’ de ví’ ccótto per gnuttì’ lu voccó e “ll’òpre pé’ la mititùra” gli aiutanti parenti e vicini, erano pronti per ricominciare a”vàtte”!
Le vergare sono sparite, “ll’opre pé’ la mititùra” pure e le tradizioni dimenticate!
Altre esigenze, altra alimentazione, per motivi di tempo e di stili di vita, la barretta, la bevanda detox veloci come la luce, hanno fatto sparire lu voccó”!
Forse come dice un detto, si stava meglio quando si stava peggio!
Ricapitolando vi racconto la mia ricetta modificata con l’aggiunta dello yogurt bianco greco che lo rende più morbido e della marmellata di susine appena raccolte.
Preparazione
Montiamo con le fruste tre uova con 150 di zucchero, dobbiamo avere un composto bello gonfio, uniamo 70 grammi di olio di girasole, 200 di yogurt bianco greco e 50 grammi di latte, più o meno, regoliamoci ad occhio non dobbiamo far diventare troppo molle il composto, la scorza di limone, un bicchierino di mistrà Varnelli o un liquore all’anice, mescoliamo per bene ed aggiungiamo 300 grammi di farina con il lievito per dolci setacciati, ed infine le mandorle a pezzi ed infarinate.
Versiamo il composto nello stampo del ciambellone per tre quarti di quantità, aggiungiamo qualche cucchiaio di marmellata di susine o di altra frutta, mettiamo sopra il resto del composto e facciamo cuocere a 180 gradi statico per più di un’ora. A metà cottura se la superficie scurisce, copriamo con un foglio di alluminio. Facciamo la prova dello stecchino che deve uscire asciutto.
Il ciambellone del tempo della mietitura è pronto e gustiamolo con un goccio di vino cotto di Loro Piceno.
Buona vita, buon ciambellone del tempo della mietitura e ai tempi migliori che furono ❤️