sugo

Diario alimentare di quaresima

Tagliulì co li turì (tagliolini con i funghi porcini secchi)

C’era una volta Maria de minèlla la pesciaròla, una donna forte, lavoratrice che per sfamare i suoi numerosi figli svolgeva diversi lavori.

Oltre a vendere il pesce casa casa, quando andava a fare la legna sulla macchia, il bosco dell’Abadia, approfittava per cercare “li turì” i funghi.

Una volta ottenuto un bel bottino, se ne ritornava alla sua casa di via della pace, metteva le mani nei cestini, li sceglieva categoria per categoria, scartava quelli più ammaccati, li “capava” dalle foglie secche e sporcizie varie, li rimetteva nei cestini e via urlando per le vie del paese: turì, turì frischi! Poi si fermava davanti alle porte di chi sapeva che poteva comprarli.

Una di quella porta era quella di casa nostra, di casa di Mariano de Cuì in via Umberto primo la via principale del paese. Al richiamo della sua voce, mia madre si affacciava tenendo in mano un piatto bianco, che Maria de minèlla riempiva di funghi così a caso, senza bilancia , riscuotendo il dovuto e andandosi a cercare altri clienti.

Questo ricordo mi ha tenuto sveglia per gran parte della notte tanto che una volta alzata, stamattina mi sono messa a fare il sugo di carne ed i funghi porcini secchi e la pasta fresca all’uovo.

Ora possiamo solo ricordare quegli odori e sapori ed accontentarci di mangiare solo i funghi del supermercato. Peccato!

Il racconto della ricetta non è necessario, perché ogni famiglia ha la sua versione.

Chi fa il soffritto per fare il sugo o il ragù, chi non lo fa come noi. Il soffritto ci dà fastidio ed allora preferiamo fare tutto a crudo.

Mettiamo le carni macinate con tutti gli odori, sedano, cipolla, carote, noce moscata e chiodi di garofano nella pentola. Uniamo un filo di acqua e lasciamo cuocere piano piano. Una volta asciugato il tutto, sfumiamo con il brandy. Uniamo funghi porcini secchi ammollati, i pelati e finiamo la cottura. A questo punto uniamo l’olio extravergine di oliva.

La pasta fresca ognuno la fa come il suo solito, qui ci sono le uova di galline felici o puttane ( del supermercato), o si può anche farla senza, ed ognuno mette la farina scelta. Semola rimacinata di grano duro e 0 o tutta 00 o anche una parte integrale.

Una volta fatta ed asciugata la pasta, la tagliamo sottile o più spessa, o tagliolini o tagliatelle. Noi oggi abbiamo scelto di fare i primi “li tagliulì”, proprio in ricordo di quei tempi.

Ora tocca a voi, se volete rifare la stessa ricetta così come ve l’abbiamo raccontata magari immaginando la scena di quel tempo quando per le vie di Petriolo girava una donna che portava prodotti di prima scelta!

Quando ora si mette in risalto….a chilometro zero!

Buona vita, buoni tagliulì co li turì ❤️

Lasagne di finocchi e scamorza

È una fredda sera di novembre, siamo in tempo covidoso e non si sente e non si vede nemmeno una creatura da queste parti…..com’è del resto in ogni parte del mondo, la gente quella che può farlo, resta rintanata in casa! Se fosse stata una serata di un anno fa, qui si sarebbero sentite le voci di bambini che stavano giocando a pallone e poi le mamme tutte insieme che stavano uscendo dalla palestra. Ora niente, c’è una sola auto parcheggiata poco più su, davanti il piazzale della scuola! Meglio non sprecare parole ed impressioni, a che servono?

La giornata è volta al termine, anche oggi mi sono data da fare per non morire di ansia, e di là e di qua e di fuori a raccogliere foglie di foglie per “pettinare”, un po’ il nostro orto giardino scapigliato. Ho rimesso al riparo tutte le mie amate piante grasse e fiorite. Sotto il porticato sembra di essere all’aperto al gelo per quanto freddo trasmettono le piante.

Non mi perdo d’animo ed entrò in cucina. Prendo i finocchi che sono al fresco fuori, li lavo, li taglio a fettine, l’idea buona c’è, voglio fare le lasagne di finocchi. Come? Ho ancora il sugo fatto domenica, lo prendo dal frigorifero, lo scaldo, intanto faccio la besciamella ma non con il latte perché con il pomodoro del sugo, mi farebbe male, la faccio con l’acqua, velocemente mescolo due cucchiai di farina con l’acqua, la lascio cuocere per pochi minuti al forno a microonde, solo a fine cottura metto il sale, l’olio extravergine di oliva la noce moscata ed il parmigiano reggiano. Anche a microonde faccio cuocere le fettine di finocchi, un filo d’acqua e coperto da un altro piatto lascio fino a 6/7 minuti. Li scolo e li mescolo al sugo insieme alla besciamella. Faccio uno strato dentro la pirofila di finocchi, uno di fettine di scamorza e così strato per strato finisco con una spolverata di parmigiano reggiano. Metto in forno a 180 gradi per mezz’ora o poco più! Buone per davvero queste lasagne, per una serata difficile sono riuscite a darmi un po’ di serenità. Del resto non ci vuole molto quando mangio ciò che mi piace!

Buona vita, buone lasagne di finocchi e scamorza ❤️

Li moccolotti de lo vàtte

Il sugo per “li moccolotti” non era il ragù delle altre regioni, era nostro, del nostro territorio, ci voleva il lardo, povero grasso che veniva conservato sotto sale quando veniva fatta la “pista”, la lavorazione delle carni la di maiale.

La mattina, all’alba, la vergara si alzava per la preparazione del sugo che aveva bisogno di una lunghissima cottura.

Per prima cosa preparava lo “vattùto”, con Il lardo che dopo essere stato pulito dal sale in abbondanza, lo batteva con il coltello sopra “lu vattilàrdo” il tagliere di legno unto e sbisunto e tramandato da generazione in generazione, pensiamo a quanta igiene potesse esserci.

La vergara raccoglieva il lardo diventato crema e lo metteva a soffriggere nella pentola “de còccia”, univa gli odori, cipolla, sedano, carote ed aglio, le carni dell’aia con le loro rigaglie tutte tritate rigorosamente con il coltello.

La carne di macello quasi mai veniva aggiunta per motivi di soldi e di tempo, nessuno poteva permettersi di andare in paese perdendo del tempo prezioso.

Dopo la rosolatura del tutto, univa la conserva comprata sfusa nella pizzicheria magari di zia Ida, il pomodoro a pezzi maturato al sole e finiva la cottura del sugo quando questo si presentava asciutto senza acqua in superficie.

Arrivata l’ora di pranzo, la vergara e le altre “vergarette de casa”, si apprestavano ad apparecchiare la tavola, per le tovaglie bianche candide di fiandra era arrivata l’ora di far bella mostra, così come per i piatti più belli del servizio buono regalo di matrimonio.

“I moccolotti”, finalmente venivano scolati con lo scolapasta di legno dentro la fiamminga anch’essa bella, bianca e grande, la vergara col ramaiolo lasciava cadere il sugo che abbracciava la pasta ed una spolverata di pecorino l’imbiancava.

La vergara riceveva i complimenti del fattore che a “pànza pina”, lasciava una pacca sul sedere della vergara.

Cosa pensasse la vergara, non ci è dato di sapere!

Ma la carne è debole!

Il fattore di casa Natali, continua il racconto dei moccolotti del tempo della trebbiatura gustando la mia pasta…..pensando forse che, “li moccolotti de lo vàtte de la vergara”, erano tutt’altra cosa!

Buona vita, buoni rigatoni de lo vàtte! ❤️
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