nonna

MAMMA

Lascia tutto lì,
la tavola da sparecchiare, i piatti da lavare,
per una volta puoi rinunciare a qualcosa.
Spegni la TV,
appoggia quello che hai in mano,
interrompi quello che stai facendo,
non rispondere se il telefono continua a squillare.
Corri, abbraccia il tuo bambino, la tua bambina,
fatevi il solletico fino alle lacrime, baciatevi, sorridetevi,
datevi i morsini nelle manine, sulle guance, nel pancino.
Cantate a voce alta una canzone impertinente,
disturbate i vicini,
fate la lotta con i cuscini,
tiratevi i coriandoli anche se è luglio.
Poi sedetevi per terra, con le gambe incrociate,
mangiate pane e cioccolato, e con le dita sporche, abbracciatevi ancora una volta.
Nel tempo nessuno ricorderà il disordine di quel giorno, ma l’amore di quel momento resterà come un tatuaggio sul cuore.

Carolina Turroni

Le mamme qui e su in cielo sono angeli e benedizioni ❤️

LU VECCHJÓ (IL BEFANONE)

La tradizione vuole che nel giorno della festa di S. Antonio Abate, una persona di casa vestita in malo modo, “lu vecchjó”, il befanone, recasse in dono giocattoli e dolci ma anche carbone ai bimbi marchigiani.

Portava dietro di sé il carnevale poiché, dicevano gli antichi, esso ha inizio il giorno di Sant’Antonio Abate!

A casa nostra era mio marito o mio fratello gemello a trasformarsi in “vecchjó”, era molto desiderato tanto quanto molto temuto!

La scena era tragica comica che a ripensarci ora, mi viene da piangere e ridere insieme!

Sono fatti e scenette di molto tempo fa, i bimbi di oggi, non sanno nemmeno l’esistenza del “vecchjó”! Sono troppo tecnologici e molto insensibili a cose di questo genere. Credo che gli capitasse a tiro lu vecchjó, questo sarebbe impaurito più che mai per la loro sicurezza e spavalderia!

Questo è il racconto di “lu vecchjó”!

Buona vita, buon vecchjó! ❤️

Lo sentivi arrivare quando iniziava a sbattere il bastone sui muri mentre, con fare maldestro, si accingeva a scendere le ripide scale di casa di mia nonna.
Solitamente arrivava nel tardo pomeriggio della sera della festa di Sant’Antonio abate – 17 gennaio. Si capiva per il profumo nell’aria: quello dei mandarini che era solito regalare a noi bambini. Insieme ai suoi passi, c’era subito la timida risata di mia nonna, che per non farsi scoprire dai noi più piccoli, si copriva la bocca con la mano.
Poi eccolo arrivare sulla porta della cucina e gridando ad alta voce: èccome, èccome, chi è che piagne? Chi c’ha paura de lu vecchjó ???
E qui un misto tra risa e pianti, tra chi si nascondeva sotto il tavolo e chi scappava nell’altra stanza, tra chi abbracciava la mamma e chi invece rideva a più non posso perché aveva riconosciuto il misterioso befanone.
Una volta placata la situazione eccolo qua: apriva il sacco, cercando di farci avvicinare a lui, tirava fuori: mandarini, quaderni, colori e caramelle e sbattendo i piedi con gli scarponi, girava le spalle e risaliva le ripide scale per spogliarsi degli stracci di vecchjò!
Soltanto appena udito lo sbattere della porta di casa, la paura passava in fretta e furia e velocemente si cercava di allungare le mani per afferrare il dolcetto preferito.