C’era una volta via della Pace con le sue case alte e strette a più piani. Una stanza o due, una sopra l’altra, sotto la cucina, con la saletta adiacente, o un piccolo laboratorio artigianale, un piano più su, la camera da letto matrimoniale ed una più piccola per i figli o un piccolo bagno senza vasca né doccia, l’essenziale per i propri bisogni, ancora un piano più su, un’altra cameretta o la soffitta.
In via della Pace, c’era pure l’asilo con la bellissima stufa rossa di terracotta, gestito dalle monache, suor Giuditta e suor Cornelia.
In via della Pace, il viale alberato di tigli profumati, regalava ombra nelle calde ed assolate giornate estive.
In via della Pace, il primo ed il due di novembre, si spandeva l’odore dei “caciù co la faétta”, che “Dilina di Luchètta”, la lattarola di quella zona popolosa, preparava con le sue preziose mani, nella sua cucina un piano sopra la sua piccola bottega, dove c’era il profumo di latte appena munto.
La sua ricetta era segreta, ma tutte le massaie li sapevano fare i “caciù co la faétta”. Ognuna con il suo segreto e la sua passione regalava dolcezza ed amore ai propri cari.
Noi non la conosciamo la ricetta di “Dilina di Luchètta”, ma abbiamo la nostra che invece è alla portata di tutti.
Noi la raccontiamo così.
Una sfoglia sottilissima di farina, olio e vino bianco ed un pizzico di sale o con un uovo e due albumi, mezzo bicchiere di olio, sale e farina quanto basta per ottenere un impasto morbido da far riposare, un ripieno di fave secche ammollate, cotte e addolcite, profumate di buccia di limone ed di mistrà magari fatto in casa. Così preparati vengono fritti e spolverati di zucchero semolato.
I ripieni possono essere diversi, di patate con cacao, cannella, zucchero, limone e mistrà, di ceci, zucchero, uvette, noci e cacao. Tutto profumato ed ammorbidito dal vino cotto o rum.
Ci vogliono pazienza e tempo, per la preparazione dei “caciù co la faétta”, ma vale la pena conoscere e gustare un dolce tanto buono quanto antico.
Noi ci proviamo a non far perdere nell’oblio, sapori, profumi e tradizioni del nostro piccolo paese. Ci serviranno per continuare a vivere con più serenità.
Ora più che mai.
Prepariamo tutti gli ingredienti che ci vogliono.
Per il ripieno
Mezzo chilo di fave secche messe in ammollo per una notte e lessate anche in pentola a pressione, se decorticate si evita l’ammollo
Alcune foglie di alloro
Zucchero a nostro gusto
Buccia di limone o cannella o cacao amaro
Mistrà o rum qb
Sale
Per la sfoglia
Mezzo chilo di farina 00
Sale un pizzico
Tre cucchiai di zucchero
Tre cucchiai di olio extravergine d’oliva
Una spruzzata di mistrà o rum
Vino bianco tre cucchiai
Acqua quanto basta per ottenere un impasto tipo le tagliatelle
Seconda ricetta per la sfoglia con le uova
Mezzo chilo di farina 00
Un uovo e due a albumi
oppure due uova intere ed un albume
Tre cucchiai di olio extravergine d’oliva
Tre cucchiai di vino bianco
Una spruzzata di mistrà o rum
Sale qb
Acqua quanto basta per ottenere un impasto tipo le tagliatelle
Olio di arachidi per friggere
Variante con le patate o i ceci, stesse dosi delle fave secche
Ripieno delle patate uguale a quello delle fave, per i ceci che passeremo al passaverdura, non frullati ad immersione, zucchero, uvette, noci e cacao amaro.
Preparazione
Passiamo al passaverdura le fave lessate con foglie di alloro e un pizzico di sale, non frulliamo ad immersione perché ci troveremmo una purea collosa, uniamo gli ingredienti mescoliamo bene per amalgamare.
Impastiamo la farina e tutti gli ingredienti, l’impasto deve essere come quello delle tagliatelle. Lasciamo riposare per un’ora. Tiriamo la sfoglia sottile con la macchinetta e tagliamo i calcioni, mettiamo al centro un po’ del composto, tagliamo con la rotella dentellata e chiudiamo a mezza luna. Friggiamo in olio profondo per pochissimi minuti. Mettiamoli a perdere l’olio sopra carta assorbente, spolveriamo di zucchero e gustiamoli con un buon vino cotto maceratese.
Buona vita e buoni caciú co’ la faetta. ❤️


