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Li caciù có la faetta

Siamo già alla fine del tempo di carnevale, molti dono i dolci tipici quasi sempre fritti e tanti anche tramandati di generazione in generazione!

Nel maceratese oltre i famosi scroccafusi, la cicerchiata, e le sfrappe ci sono “li caciù co la faetta”, sono piccoli ravioli ripieni di fave secche, in campagna la “vergara”, usa quelle lasciate per la semina dell’anno che verrà. Si aggiungono lo zucchero, il cacao, la buccia di limone, il mistrà fatto in casa e solo in tempi più recenti anche la cannella. I ravioli hanno una sfoglia povera senza uova, quest’ultime si aggiungono solo in tempi di abbondanza.

Le versioni per questi ravioli possono essere diverse, al posto delle fave si possono usare le patate ed i ceci!

Per fare li caciù có la faetta bisogna cuocere le fave secche messe in ammollo per una notte oppure quelle decorticate che hanno un tempo di cottura più breve, nell’acqua si mette una foglia di alloro. Una volta cotte si frullano se decorticate o al setaccio se intere, si aggiungono un pizzico di sale, lo zucchero, il mistrà, il cacao, la buccia di limone e la cannella se piace. Si mescola per ottenere una purea che se risulta dura si ammorbidisce con l’acqua di cottura.

Per la sfoglia si lavorano insieme alla farina 500 gr, tre cucchiai di olio extravergine di oliva, tre di mistrà, tre di zucchero ed un pizzico di sale con tanta acqua quanta ne serve per ottenere una pasta tipo tagliatelle. Si stende con la macchinetta della pasta in uno spessore sottile. Sopra si mette un cucchiaino di purea di fave. Si chiude a raviolo ed una volta finiti tutti, si friggono nell’olio di arachidi. Non bisogna farli cuocere troppo e non farli scurire perché non fanno bene alla salute!

Se piace si spolverano di zucchero!

Questi sono dolci senza nessun ingrediente di origine animale buoni per chi è vegan!

Sbrighiamoci perché il carnevale sta per finire!

Buona vita, buoni caciù co la faetta!

A presto ❤️🌹

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Li càciú co’ la faetta

C’era una volta via della Pace con le sue case alte e strette a più piani. Una stanza o due, una sopra l’altra, sotto la cucina, con la saletta adiacente, o un piccolo laboratorio artigianale, un piano più su, la camera da letto matrimoniale ed una più piccola per i figli o un piccolo bagno senza vasca né doccia, l’essenziale per i propri bisogni, ancora un piano più su, un’altra cameretta o la soffitta.

In via della Pace, c’era pure l’asilo con la bellissima stufa rossa di terracotta, gestito dalle monache, suor Giuditta e suor Cornelia.

In via della Pace, il viale alberato di tigli profumati, regalava ombra nelle calde ed assolate giornate estive.

In via della Pace, il primo ed il due di novembre, si spandeva l’odore dei “caciù co la faétta”, che “Dilina di Luchètta”, la lattarola di quella zona popolosa, preparava con le sue preziose mani, nella sua cucina un piano sopra la sua piccola bottega, dove c’era il profumo di latte appena munto.

La sua ricetta era segreta, ma tutte le massaie li sapevano fare i “caciù co la faétta”. Ognuna con il suo segreto e la sua passione regalava dolcezza ed amore ai propri cari.

Noi non la conosciamo la ricetta di “Dilina di Luchètta”, ma abbiamo la nostra che invece è alla portata di tutti.

Noi la raccontiamo così.

Una sfoglia sottilissima di farina, olio e vino bianco ed un pizzico di sale o con un uovo e due albumi, mezzo bicchiere di olio, sale e farina quanto basta per ottenere un impasto morbido da far riposare, un ripieno di fave secche ammollate, cotte e addolcite, profumate di buccia di limone ed di mistrà magari fatto in casa. Così preparati vengono fritti e spolverati di zucchero semolato.

I ripieni possono essere diversi, di patate con cacao, cannella, zucchero, limone e mistrà, di ceci, zucchero, uvette, noci e cacao. Tutto profumato ed ammorbidito dal vino cotto o rum.

Ci vogliono pazienza e tempo, per la preparazione dei “caciù co la faétta”, ma vale la pena conoscere e gustare un dolce tanto buono quanto antico.

Noi ci proviamo a non far perdere nell’oblio, sapori, profumi e tradizioni del nostro piccolo paese. Ci serviranno per continuare a vivere con più serenità.

Ora più che mai.

Prepariamo tutti gli ingredienti che ci vogliono.

Per il ripieno

Mezzo chilo di fave secche messe in ammollo per una notte e lessate anche in pentola a pressione, se decorticate si evita l’ammollo

Alcune foglie di alloro

Zucchero a nostro gusto

Buccia di limone o cannella o cacao amaro

Mistrà o rum qb

Sale

Per la sfoglia

Mezzo chilo di farina 00

Sale un pizzico

Tre cucchiai di zucchero

Tre cucchiai di olio extravergine d’oliva

Una spruzzata di mistrà o rum

Vino bianco tre cucchiai

Acqua quanto basta per ottenere un impasto tipo le tagliatelle

Seconda ricetta per la sfoglia con le uova

Mezzo chilo di farina 00

Un uovo e due a albumi

oppure due uova intere ed un albume

Tre cucchiai di olio extravergine d’oliva

Tre cucchiai di vino bianco

Una spruzzata di mistrà o rum

Sale qb

Acqua quanto basta per ottenere un impasto tipo le tagliatelle

Olio di arachidi per friggere

Variante con le patate o i ceci, stesse dosi delle fave secche

Ripieno delle patate uguale a quello delle fave, per i ceci che passeremo al passaverdura, non frullati ad immersione, zucchero, uvette, noci e cacao amaro.

Preparazione

Passiamo al passaverdura le fave lessate con foglie di alloro e un pizzico di sale, non frulliamo ad immersione perché ci troveremmo una purea collosa, uniamo gli ingredienti mescoliamo bene per amalgamare.

Impastiamo la farina e tutti gli ingredienti, l’impasto deve essere come quello delle tagliatelle. Lasciamo riposare per un’ora. Tiriamo la sfoglia sottile con la macchinetta e tagliamo i calcioni, mettiamo al centro un po’ del composto, tagliamo con la rotella dentellata e chiudiamo a mezza luna. Friggiamo in olio profondo per pochissimi minuti. Mettiamoli a perdere l’olio sopra carta assorbente, spolveriamo di zucchero e gustiamoli con un buon vino cotto maceratese.

Buona vita e buoni caciú co’ la faetta. ❤️