tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

L’uovo pinto

Fin dal lunedì della settimana Santa gli artigiani giravano per le campagne per ricevere l’óu pìndu, ossia l’uovo dipinto, l’uovo di Pasqua dei tempi andati; andavano ognuno presso i propri clienti e i nostri contadini facevano molto volentieri loro quel dono.

Come si faceva l’ óu pìndu?

Le uova si dipingevano avvolgendo verde e fiorellini sul guscio, ricoperti poi di un velo di cipolla o di carta colorata perché dei fiori e delle foglie ne restasse l’impronta; il tutto veniva ricoperto di ritagli di stoffa oppure messo dentro a una calza da donna tagliata e messo a bollire nell’acqua.

Il velo della cipolla rossa dava una serie di colori dall’ocra al rosso bruno, il giacinto selvatico dal blu al viola, mentre altre foglie davano il verde.

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Tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

Scàccia-Màrzu

Nella lista dei canti rituali di questua legati al calendario agricolo c’era lu Scàccia-Màrzu.

Questo era nei tempi antichi effettuato da comitive di giovani con l’organetto, ed in tempi più vicini a noi erano i ragazzini che, accompagnati dal suono caratteristico della sgràsciola, giravano di casa in casa per salutare Marzo e, con esso, gli ultimi strascichi invernali.

“Fòra Mùrzu, rénd’Aprì’, fòra ll’òe de li contadì'”, cantavano chiedendo uova fresche o altro da mangiare, e se nessuno di casa si faceva vedere lanciavano, sempre cantando, una serie di buffi improperi.

La sgràsciola, chiamata anche scannéllu o racanella, era uno strumento musicale povero che si costruiva con una canna dove veniva realizzato un foro in cui si inseriva una rotella di legno dentata e un bastoncino, girando con la mano a cerchio il quale si produceva il caratteristico rumore della raganella.

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Créscia de cáscio di Pasqua (pizza di formaggio pasquale)

Qui, in questo diario di cucina, ci sono diverse ricette per fare la créscia o pizza de casció di Pasqua!

Questo è un altro modo, che permette di risparmiare tempo, per la presenza della pasta di pane, la quale se non si ha voglia di farla, si può comprare dal fornaio.

Il resto si aggiunge a casa!

Io ho preferito farne due, ma si poteva farne una più grande.

Sono due piccole pizze di formaggio a lievitazione naturale!

Allora come l’ho fatte?

Ieri sera avevo preparato l’impasto per le pizze, un tot di farina e lievito di riporto, acqua e poco sale, io ne metto poco. Stamattina aveva lievitato come si deve. Ho pesato tutto, ho tolto quello che serviva per tre pizze, l’altro l’ho usato per la créscia de càscio come facevano i miei nonni Damone e Caterina.

All’impasto, pesato, 600 grammi, ho unito un cucchiaino di lievito di birra disidratato per rafforzare la lievitazione, due uova sbattute, ed essendo venuto troppo morbido, ho aggiunto 100 grammi di farina 0, 100 grammi di latte. Una volta ben incordato, ho unito i formaggi. 100 grammi di pecorino secco, 70 grammi di pecorino fresco, 50 grammi e parmigiano reggiano, 50 grammi di cubetti di emmentaler, noce moscata, niente pepe perché per me è veleno, buccia di limone.

Finito di impastaste tutto, ho fatto lievitare fino al raddoppio e fatto le pieghe.

Ho pirlato, fatto due palline e rimesse a lievitare negli stampo, unti e foderati di carta forno. Ancora una volta a lievitare fino a quando, premendo con un dito sulla superficie, il segno è tornato su lentamente. Prima di infornare, ho spennellato la superficie con un uovo sbattuto. Ho messo a cuocere a 170/180 gradi per quasi un’ora. Ho coperto la superficie con un foglio di alluminio a metà cottura!

Un lavoro un po’ lungo, ma che dà molta, molta soddisfazione.

Ora, questo è il risultato!

Buona vita, buona créscia de casció di Pasqua! ❤️

Tempo di Pasqua a Petriolo

DOMENICA 28 MARZO 2021

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

Pàrme – Sesta domenica di quaresima

Domenica in Palmis

Per rispetto e devozione ai patimenti del Signore, guai a cantare o suonare durante la domenica delle Palme; venivano fermati, perché non sonassero le ore, anche i pubblici orologi.

Si tornava dalla messa portando i rami d’olivo benedetti, che venivano messi nelle case o su croci fatte di canne a protezione dei campi. I ramoscelli d’olivo benedetti l’anno precedente venivano bruciati e la loro cenere si spargeva per i campi affinché fossero preservati dai bruchi.

Tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

Pasció’ – Quinta domenica di quaresima

Judica me, Deus (salmo 43,1)

La quinta domenica di passione, le nonne e le mamme narravano ai piccini ed ai grandicelli l’avvenimento della tragedia divina, l’incontro di Maria con il figlio Gesù e il pianto della Madonna, che la tradizione ha fino a noi tramandato, fin dal medioevo, in passi traboccanti accorati accenti.

In questo giorno dedicato alla passione di Cristo, i canterini del contado cantavano la “Pasció’ de Cristo”, che rammenta le sofferenze di Gesù.

La melodia era accompagnata dall’organetto e da lu tìmbulu, cioè dal triangolo con la sua asticella di ferro.

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Tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

Purgatòriu – Quarta domenica di quaresima

Laetare, Jerusalem (Isaia 66,10)

Durante tale settimana i rapsodi popolari solevano andar cantando per il contado la “Pasció’ de ll’àneme sande”, componimento poetico che veniva eseguito anche nel mese di Novembre, che narra le sofferenze delle anime dei trapassati in purgatorio e sollecita per loro i suffragi. Questi ricevevano in dono uova e promettevano preghiere per i defunti della casa.

La melodia era accompagnata dall’organetto e dal picchiar del tamburello.

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Tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

Li caciù’ có’ la faétta

In occasione della Pasqua si usava, tra gli altri dolci, fare li caciù’ có’ la faétta, cioè i calcioni alla fava. Nel tempo che fu, a Petriolo come in molti altri paesi del circondario, s’usava farli ogni domenica e venivano venduti per le vie del centro addirittura fino a tutta l’estate. Questa che segue è la ricetta tradizionale di Petriolo: si tengono a bagno le fave per qualche giorno, la sera prima di fare li caciù’ si sbucciano e si mettono di nuovo a bagno; alla mattina seguente si fanno bollire con un po’ di alloro fino a farle diventare purè. Quando il purè è cotto lo si passa su un setaccio per evitare che sia granelloso. E questa è la faétta. Si prepara poi la sfoglia con uovo, come per la pasta in casa, la si taglia in forme rotonde del diametro di circa dieci centimetri e nel mezzo si mette un cucchiaio di faétta, poi si chiudono come a semicerchio e, in abbondante strutto, si friggono.

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Se volete qui trovate le ricette 👇

https://farinaefiore.com/2020/02/24/li-caciu-co-la-faetta-3

Buona vita, buon tempo di Pasqua a Petriolo e non solo ❤️

Tempo di Pasqua a Petriolo

Tempo di Pasqua a Petriolo, pillole di tradizioni popolari pasquali nel paese di Giovanni Ginobili

Casa netta

In tempo di Pasqua, un poco al giorno, si procedeva ad una accuratissima pulizia di tutta la casa e tutti in famiglia erano mobilitati per tale funzione, grandi e piccini.

Sarebbe prima o poi passato il prete a dare la benedizione a tutti gli ambienti di casa e ci si teneva a che tutto fosse in ordine.

A Pasqua la casa sarebbe dovuta apparire linda, quasi rinnovata. Difatti un detto recitava che “la parmétta vò’ la casa nétta”, ossia la palma benedetta, che si portava a casa dalla messa della Domenica delle Palme, vuol la casa pulita.

Si cominciava dal ripulire gli utensili di rame della cucina fino addirittura, se serviva, a tinteggiare le stanze. Prima però si tiravano giù le tende e si partiva per andare al lavatoio. Giù, giù, passando per ogni via del paese, dal castello, dalla capecciara, dalla pèrna, dalla pesa, da via della pace, da via Umberto primo e venendo su dalla Madonna delle Grazie scendendo ancora giù, fino ad arrivare alla contrada di s. Antonio, dove c’erano due bellissimi lavató’.

Nelle loro acque limpide finalmente le tende trovavano una nuova vita, e non solo quelle.

Nonna Lalla, donna esageratamente ordinata, dopo aver indossato lu zinàle, candido come la neve, con movimenti circolari del bacino, intonava una specie di canto che diceva così: “sciacquatevi cocchi di mamma!”, riferendosi ai suoi numerosi figli.

In collaborazione con l’associazione culturale l’Orastrana, qui trovate il link https://www.orastrana.it/laboratorio di musica e poesia dal 1993, attivo da dieci anni, con l’artista maceratese Nooz, nella realizzazione di una serie di performances teatrali dove le favole e i racconti della tradizione popolare delle Marche centrali incontrano musica ed illustrazioni dal vivo.