Zappa le viti d’agosto se vo’ (vuoi) rimpi’ la cantina de mosto, I nostri campagnoli rivolgono ora le loro attenzioni e cure più sollecite alla vite; aspettano la pioggia perché sanno che: se pioe (piove) nel mese d’agosto pioe mele e pioe mosto. Il popolo marchigiano, sempre assai sobrio, ha trovato spes so nei doni del campo il cibo suo, del resto più sano e sapori to; l’uva (l’ua) e i fichi di agosto, sono da esso chiamati « la for- tuna nostra »
Era il suo compleanno, niente festa per motivi familiari, la famiglia sparsa non più unita per diversi motivi. Le nascite, i problemi che portano, un figlio non lo puoi scarrozzare su e giù, la tavola per due aspettando che prima o poi ritorni ad essere completa.
La torta??? Devo dire la verità, non ho più voglia di stare in cucina, brutto segno perché significa che non ho più l’età per la fantasia e la fatica si fa sopra.
Avevo la ricotta in scadenza, leggo di qua e di là, non mi attira nessuna ricetta. O è troppa elaborata, o è scialba, scialba.
Vado a leggere qui sul mio stupido blog diario di casa. C’è una cheesecake fatta con la ricotta ed il pandoro. La leggo, mi va bene, cambio qualche ingrediente e voila, la preparo.
Sorpresa? No, lo so che è il tipo di dolce che mi piace, non è elaborato ed eccolo qua!
Si fa con ogni tipo di frutta, con ogni tipo di formaggio spalmabile.
Ve lo racconto e poi se leggete lo leggete, mica mi metterò a piangere!
Ciao e a presto!
Ingredienti
Per il fondo
200 grammi di biscotti digestive
100 /120 gr di burro
Uno quadretto di cioccolato fondente
Per la farcia
450 grammi di ricotta
3 uova intere
Un albume
100 grammi di zucchero
Buccia di limone
100 grammi di yogurt greco bianco
3 pesche tagliate a pezzi con un cucchiaio di zucchero e succo di limone
50 grammi di farina 00
Preparazione
Frulliamo i biscotti con il cioccolato fondente tagliato a pezzetti, uniamo il burro fuso. Stendiamo sul fondo di uno stampo foderato di carta forno, con un cucchiaio livelliamo la superficie e mettiamo a riposare in frigo per un’ora.
Lavoriamo la ricotta con lo zucchero, la buccia di limone, uniamo le uova, lo yogurt greco e la farina. Mescoliamo per bene unendo le pesche tagliate a pezzetti.
Riprendiamo lo stampo, versiamoci la crema con le pesche, lisciamo la superficie e mettiamo in forno statico a 170 gradi per quasi un’ora. Regoliamoci con il nostro forno, se si scurisce copriamo con un foglio di alluminio.
A cottura ultimata la torta deve presentarsi dorata ed asciutta. Facciamo la prova dello stecchino che deve uscire asciutto.
Sforniamo il dolce, quando è freddo mettiamolo in frigo fino al momento di servirlo.
Decoriamo con fiori ed menta o con quello che vi pare!
Ieri era una bella giornata assolata e adatta a raccogliere le prime rose maggioline quelle più adatte per fare la marmellata. Chi è chi è che è salito in cima alla scala per farne un bel cesto? Non siamo più adatti mio marito ed io, sono passati molti anni e questi ci rendono incerti nel salire in alto, meglio evitare e lasciare il posto ai più giovani. Riccardo allora armato di cesoie con sua moglie Jo in dolce attesa, hanno fatto il nostro lavoro. Ecco il risultato, le rose belle, rosse e turgide pronte per la preparazione della marmellata più bella e deliziosa della primavera!
Il colore e l’odore dei fiori Il cielo di casa mia Fiori di Pitosforo BegonietteProfumo di gelsomino Ciclamini GeranioFiore di topinanburFiori di limone Gerani e sempre viviFico
Nella festa del Battista si suole ancora oggi fare un’acqua odorosa: è usanza superstiziosa e gentile cui tutto il popolo marchigiano tiene assai. Nella notte precedente la ricorrenza del santo si raccolgono fiori determinati, erbe odorose, una spiga di grano, l’erba dell’invidia ed uno spicchio di aglio; si tiene tutto a bagno in un recipiente per l’intera notte. La mattina appresso, all’alba, le mamme lavano con quell’acqua i loro figlioli per tenerli lontani dal malocchio, della stregoneria, dall’invidia. Torna in mente il bellissimo sonettò che su tale argomento scrisse la nota scrittrice Alinda Bonacci Brunamonti e ben volentieri riportiamo la prima strofa in cui sono elencate le erbe prescritte per tale acqua prodigiosa.
Le cimette io cogliea della mortella, spigo, timo, cedrina, e vigorosa menta, con rosmarino e nippitella foglie di noce e qualche ultima rosa.
Altrove si mette anche foglie di lauro e di quercia; l’aglio ha influsso contro la stregoneria. Al mio paesello, a Petriolo, era pia consuetudine andarsi a bagnare nel torrente Fiastra. I paesani partivano in massa verso le ore 21, per trovarsi al torrente e tuffarsi nell’acqua alle ore 22 precise. E questo un ricordo del fiume Giordano, ove il Precursore predicava penitenza al popolo di Israele e dove battezzò Cristo al primo suo uscire alla vita pubblica. È salutare simile bagno, giacché l’acqua è benedetta dal Santo; non solo ma altrove conducono anche le pecore perché donino abbondanza di latte e di lana , e le mucche. E molti che vanno soggetti a dolori reumatici tornano dal fiume recando una pietra che conservano fino all’anno dopo; essa ha la virtù. Nei tempi più lontani il contadino, all’alba mandava tutte le bestie a pascolare, come in alcune parti avveniva il 3 di maggio nella ricorrenza di Santa Croce; l’erba ha la rugiada (la guazza) del Santo e ciò è salutare per le bestie; non solo , ma è credenza che per virtù di detta rugiada benedetta l’umore ( il sudore) della vite, si tramuti in mosti e che tale umore guarisca anche gli sfoghi della pelle.
È il tempo della mietitura; della santa solenne festa dei campi. Un proverbio annuncia che di s. Giovanni si miete qua e là; si smacchia.
S. Gióanno; pija la farge e va spuntanno.
Dunque è la ricorrenza di questo santo che dà il via alla tanto pesante , ma pur lieta opera della mietitura.
San Pietro; pija la farge e mète.
È interessante conoscere i bei motivi fantasiosi della tradizione marchigiana, oggi quasi completamente spariti. Descriverli non ci sembra ozioso, specie poi, se si pensi che di sovente si leggono in riviste e quotidiani, descrizioni completamente errate o piene di tanta confusione da deformare e svisare indegnamente quella che è la più bella, la più cara, la più eletta creazione popolare, quella che è la sapienza della feconda gente marchigiana.
Tratto da Costumanze marchigiane (2raccolta) del poeta scrittore Giovanni Ginobili maestro a Petriolo.
Molto tempo fa, la processione del Corpus Domini, era una delle cerimonie più importanti. Cadeva sempre di giovedì come l’ascensione di Gesù.
Tutti partecipavano devotamente, dopo l’ultima messa del mattino, sotto il sole cocente di giugno, le persone
all’uscita della chiesa, si avviavano per le vie del paese, disposte in due file precedute dai bambini con il vestito della prima comunione e gli altri più grandi con la fascia al braccio. Subito dietro c’era il prete con l’ostensorio del SS. Sacramento. Ai lati del sacerdote, a sorreggere il baldacchino erano i confratelli nelle loro vesti bianche con le mantelline rosse e dorate. La Confraternita di tradizione antichissima, dava grande prestigio ai suoi rappresentanti, tanto da essere considerati veri e propri ‘seguaci di Dio’. Per questo, quando uno dei suoi componenti moriva, le campane venivano suonate più a lungo. In virtù del loro ruolo nella comunità Parrocchiale, essi avevano, tra le altre cose, il privilegio di sostenere ‘la tenda di Dio’, sotto la quale erano ospitate le autorità religiose più importanti e il Santissimo Sacramento.
Le finestre erano vestite da drappi rossi bordati d’oro.
Le strade venivano coperte dai petali di rose sparsi da Elsa la postina, le vie ed i balconi mostravano i gerani e le felci più belli. La processione finiva sulla piazzetta del santuario della Madonna della Misericordia con la solenne benedizione del sacerdote a tutto il paese.
Processione del Corpus Domini a Petriolo nei primi anni sessanta I fiori principalmente le rose servivano per infiorare le strade I petali di rose venivano sparsi dalla postina Elsa per le vie in segno di omaggio e devozione al Signore Il giglio candido segno di purezza I balconi venivano abbelliti dai gerani e felci
“Leggetela. É bellissima”* Un contadino stanco della solita routine quotidiana, tra campi e duro lavoro, decise di vendere la sua tenuta… Dovendo scrivere il cartello per la vendita decise di chiedere aiuto al suo vicino che possedeva delle doti poetiche innate… Il romantico vicino accettò volentieri e scrisse per lui un cartello che diceva: “VENDO un pezzettino di cielo, adornato da bellissimi fiori e verdi alberi, con un fiume dall’acqua così pura e dal colore così cristallino che abbiate mai visto…” Fatto cio’, il poeta dovette assentarsi per un pò di tempo, al suo rientro però, decise di andare a conoscere il suo nuovo vicino. La sua sorpresa fu immensa nel vedere il solito contadino impegnato nei suoi lavori agricoli.
Il Poeta quindi domandò: “Amico non sei andato via dalla tua tenuta?” Il contadino rispose sorridendo: “No, mio caro vicino, dopo aver letto il cartello che avevi scritto, ho capito che possedevo il pezzo più bello della terra e che non ne avrei trovato un altro migliore.” ✨ Morale della favola. Non aspettare che arrivi un poeta per farti un cartello che ti dica quanto è meraviglosa la tua vita, la tua casa, la tua famiglia e tutto ciò che possiedi… Ringrazia sempre per la salute che hai, per la vita che vivi, per la caparbietà che hai nel lottare per andare avanti… Apprezza questo pezzettino di cielo che è la tua VITA. Il tuo risveglio al mattino è la parte migliore, “ALZATI, hai un’altra OPPORTUNITÀ” ❤ Nasciamo per essere felici “NON PER ESSERE PERFETTI” I giorni buoni ti danno LA FELICITÀ I giorni cattivi ti danno L’ESPERIENZA I tentativi ti mantengono FORTE Le prove ti mantengono UMANO Le cadute ti mantengono UMILE Non lo so chi l’abbia scritta ma è bella semplice e vera, da condividere come un pezzettino di gioia. 🍀🍀
Questo per far capire che anche in un orto giardino scapigliato, si può trovare un pezzo di gioia! Il gelsomino marzolino bianco e rosa, profuma già tanto, però mi sembra di trovarmi al camposanto.