Prima di chiudere l’attività di “fornàra”, ancora una treccia al latte e burro, tanto affonderemo in molti!
Non che io sia una “fornàra” di professione, sono solo una grande appassionata di pane e dintorni.
Il tempo sta volando via in maniera impressionante. A volte capita che questo scorrere della vita mi faccia soccombere! Sì, mi mette ansia e paura, allora mi metto ad impastare, cosa fin dalla prima spolverata di farina non si sa cosa, viene dopo l’idea e così passano le paure.
Com’è il proverbio? Morte in compagnia, morte in allegria!!! Allegria, allegria diceva il buon Mike Bongiorno, roba da vecchi, ma tanto del diman non c’è certezza ed il resto è noia! Fare tanti sacrifici? Non ne vale la pena, infatti stamattina con quel pane, burro e marmellata di prugne all’infuso di misto di frutti di bosco, sono stata in paradiso. Cosa si può volere di più dalla vita? Niente, il resto è noia e qualcos’altro!
Allora non metto nessuna ricetta, tanto nessuno la replicherà, vi faccio vedere quanto è bello il pane, la marmellata ed il resto ancora una volta è quel che sarà!
Le mie estati non esisterebbero senza poter lavorare la frutta dorata che il sole cocente ci regala.
Questa è la seconda estate che faccio la nonna di Sara Futura, muoio dal desiderio di farla pure ad Ettore nato tre mesi fa, purtroppo lui è lontano da me e non mi è possibile stargli vicino. Mi vengono le lacrime quando lo rivedo anche solo virtualmente. Cresce bene grazie a Dio, mi auguro di passare molto tempo con lui! Chissà?
Ritornando al racconto delle mie estati marmellando, ringrazio sempre il creatore per avermi dato la forza ed il tempo per poterlo fare, le marmellate ed il pane con il mio lievito madre, sono le mie più grandi passioni.
Quindi, per quest’anno è quasi andata. L’anno prossimo? Dio ci penserà.
Nella mia cucina si muore dal caldo avendo sopra la testa il terrazzo della mansarda, ma mi rilassa molto sciogliere la frutta più bella, lavarla, tagliarla con tanta passione. La metto nella pentola, aggiungendo il succo di limone, le spezie o le erbe aromatiche, quello che in quel momento mi passa per la mente.
Aggiungo lo zucchero, faccio riposare o no a seconda del tipo di frutta.
Le albicocche per me è meglio non metterle ad attendere che rilassino il loro succo, la marmellata diventa molto liquida e per addensarla bisogna poi farla bollire molto, cosa che le farebbe perdere colore e sapore. Quindi si fa prima e si ottiene un buonissimo risultato cuocendola subito facendole fare il riposo fino al giorno dopo per capire la sua densità.
Questi sono gli ingredienti
Un chilo e mezzo di belle e dure albicocche
650 grammi di zucchero
Il succo di un limone
Timo limoncino
Preparazione
Tagliamo le albicocche a pezzetti, uniamo lo zucchero ed il succo di limone, mettiamola subito a cuocere stando attenti a non farla attaccare magari mettendo sotto la pentola la piastra di ghisa. Uniamo il timo limoncino messo in un sacchettino di tela o legato per non far disperdere le foglie. Facciamola bollire prima a fuoco alto mescolando, spegniamo il fuoco e lasciamo riposare per una notte. La mattina possiamo capire la consistenza della marmellata da fredda. Se è giusta densa che non scivola alla prova del piattino, la rimettiamo a bollire per poi invasarla nei barattoli stabilizzati a microonde. Per fare questo basta metterli nel forno insieme ad una tazza d’acqua e quando arriva a bollore per alcuni minuti, i vasetti sono sterilizzati.
Se la marmellata non è ancora giusta perché troppo liquida, la mettiamo a bollire per alcuni minuti. Ci regoliamo.
Invadiamo la caldissima e chiudiamo i barattoli con i loro coperchi, volendo si può aggiungere un po’ di succo di limone che manterrà bello il colore.
La marmellata di albicocche al profumo di timo limoncino è freschissima, buona per le crostate o per i formaggi o il nostro yogurt greco naturale.
Buona vita, buona marmellata di albicocche al timo limoncino ❤️
Marmellata di albicocche Pane naturale burro e marmellata di albicocche
La domenica delle Palme il popolo partecipava alle funzioni religiose e più specialmente alla benedizione delle palme. Tutta la campagna accorreva alla chiesa con fasci di rami di ulivi sulle spalle perché fossero benedetti. Dopo la funzione tornavano a casa; un ramoscello di palma benedetta (così si chiamava l’ulivo) veniva posto su ogni letto; questo tanto nella campagna come in città; le palme del precedente anno venivano bruciate, non gettate via. I contadini, mettevano per i campi, negli orti, in mezzo al grano seminato, ramoscelli di ulivo benedetto, perché la benedizione scendesse su tutta la fatica e ne moltiplicasse il raccolto. Intanto gli artigiani passavano pel contado in cerca d’ovi pinti; ognuno presso I propri clienti. Era dono che il contadino faceva molto volentieri.
Tratto da Costumanze marchigiane dello scrittore e maestro a Petriolo Giovanni Ginobili.
Per la domenica delle Palme sulla nostra tavola è tradizione portare un pane preparato da me con l’olio extravergine d’oliva benedetto, insieme ai rami d’ulivo benedetti alla messa del mattino, per festeggiare l’entrata di Gesù a Gerusalemme.
Se sei triste ed in attesa che finisca questo mondo marcio, rilassati facendo il lavoro più bello di tutti!
Impasta il pane!
Prendi un pezzo della tua amata pasta madre, dalle da mangiare, pesala, metti lo stesso peso di farina, e metà di acqua naturale. Con le mani impasta piano piano fino a formare un impasto morbido, fanne una sfera e incidila a croce. Metti la tua pasta madre nel vasetto e copri con un grazioso tovagliolo che ti farà dimenticare quanto è brutta la vita ora. Dolcemente aspetta e beviti un caffè. Non avere fretta, aspetta che la tua amata pasta madre cresca come un figlio, deve raddoppiare prima di farci un capolavoro.
Ora decidi quale pane vuoi fare per la tua famiglia, deve essere buono e sano da mangiare a colazione con le tue amate marmellate o con i salumi o per fare una scarpetta con il tuo sugo.
Non c’è una ricetta uguale per tutti, il tuo pane è solamente frutto del tuo amore per impastare, ti serve per continuare a vivere nonostante i tuoi problemi, perché nessuno è esente finché è su questa terra.
Io vi racconto il mio, quello che spesso faccio, non c’è bisogno di planetaria, né di olio di gomito. Basta una ciotola, un cucchiaio di legno o di quello che più vi piace, mescolare e mettere a riposo fino al raddoppio. Basta aver pazienza una nottata ed il pane sarà pronto per essere formato.
Questi sono gli ingredienti
300 grammi di farina 0
200 grammi di farina di tipo uno e germe di grano duro
350/360 grammi più o meno di acqua
50 grammi di lievito madre o un cucchiaino di lievito di birra disidratato
Un cucchiaino di zucchero
Un cucchiaino e mezzo di sale
Preparazione
Mettiamo nella ciotola l’acqua ed il lievito madre o di birra disidratato, un cucchiaino di zucchero e frulliamo ad immersione per ottenere una schiuma. Uniamo le farine setacciate ed il sale, mescoliamo con il cucchiaio cercando di far assorbire la farina a tutta l’acqua. Mettiamo la ciotola dentro un sacchetto per alimenti e lasciamo lievitare tutta la notte.
La mattina quando avrà raddoppiato, con le mani mescoliamo l’impasto e solleviamo un lembo di pasta per portarlo al centro, facciamo così per tutto il diametro della ciotola. Lasciamo a riposare per mezz’ora e rifacciamo lo stesso giro tirando su il lembo come prima. Lasciamo riposare e lasciamo cadere la pasta sulla spianatoia infarinata, allarghiamo l’impasto e pieghiamolo in tre parti, chiudiamo bene stringendo la pasta sotto arrotondandolo con le mani sopra la spianatoia. Mettiamolo sul cestino foderato con uno strofinaccio infarinato, mettendo la chiusura sopra e lasciamo lievitare ancora.
Accendiamo il forno a 230 gradi, alla temperatura raggiunta mettiamo a scaldare una lastra per alcuni minuti, la tiriamo fuori, la infariniamo leggermente e capovolgiamoci sopra il pane, spolveriamo la farina togliendo l’eccesso, facciamo un taglio a croce o per tutta la lunghezza e mettiamo in forno. Scaliamo la temperatura ogni 10 minuti, 230 / 210/ 200 / fino a 180/170 gradi, gli ultimi mettere la modalità ventilata lasciando lo sportello aperto a spiraglio con un cucchiaio di legno.
Spegniamo il forno e lasciamo che si asciughi sopra una grata.
Ricordiamoci che per essere buono il pane deve raffreddare completamente, prima si rovinerebbe.
Questo pane potremmo cuocerlo nella pentola di coccio, la temperatura deve essere sempre a 230 gradi, diminuita dopo 10 minuti, per due volte sempre con il coperchio. Verso gli ultimi 5/7 minuti, lo togliamo dalla pentola e lo facciamo finire di cuocere ventilato con lo sportello a spiffero.
Buona vita, buon pane fatto a casa! ❤️
Pane senza impasto Pane a scacchi Pane a treccia Pane cotto nella pentola di coccio
Non ho più molto tempo per pubblicare e pensare alle storie di tutta la vita vissuta fin qua.
C’è Sara Futura, la creatura nata a febbraio che mi impegna tutto il giorno, perdersi anche un secondo di lei meravigliosa bimba, vuol dire trovarsela cresciuta senza averla goduta in ogni suo aspetto.
È troppo importante e bello il tempo dedicato a lei, la vita cambia e fa capire che niente è come lei!
Una sola cosa continuo a fare facendo anche i salti mortali, il pane con il lievito madre, magari a tarda notte lo impasto e lo lascio riposare per tutto il tempo necessario.
La vita è un dono, ogni nuova creatura ce lo ricorda.
Buona vita, buon pane nostro naturale!
L’amore è SARA FUTURA ❤️
Pane di semola rimacinata di grano duro Pane con lo yogurt bianco greco ed i semi vari Pane con anche farina di tipo uno e germe di grano duro Pane semplice Pane con anche farina integrale
La domenica delle Palme il popolo partecipava alle funzioni religiose e più specialmente alla benedizione delle palme. Tutta la campagna accorreva alla chiesa con fasci di rami di ulivi sulle spalle perché fossero benedetti. Dopo la funzione tornavano a casa; un ramoscello di palma benedetta (così si chiamava l’ulivo) veniva posto su ogni letto; questo tanto nella campagna come in città; le palme del precedente anno venivano bruciate, non gettate via. I contadini, mettevano per i campi, negli orti, in mezzo al grano seminato, ramoscelli di ulivo benedetto, perché la benedizione scendesse su tutta la fatica e ne moltiplicasse il raccolto. Intanto gli artigiani passavano pel contado in cerca d’ovi pinti; ognuno presso I propri clienti. Era dono che il contadino faceva molto volentieri.
Tratto da Costumanze marchigiane dello scrittore e maestro a Petriolo Giovanni Ginobili.
Per la domenica delle Palme sulla nostra tavola è tradizione portare un pane preparato da me, insieme ai rami d’ulivo benedetti alla messa del mattino, serve per festeggiare l’entrata di Gesù a Gerusalemme.
Lievito madre Pane a cassetta Pane con farina di farro e burro Pane naturale cotto in pentola di coccioLievito madre
Lievito madre
Farina 0 e di tipo uno e germe di grano duro Pà nnociato con fichi secchi e noci ricetta tradizionale marchigiana Lievito madre Treccia di pane e lónza tipico salume marchigiano
Allepoca dei miei nonni Damone e Caterina fornai unici in quel piccolo paese che si chiama Petriolo, usava specialmente d’estate preparare la créscia rossa come la chiamavamo noi piccoli nipoti.
Eravamo tanti, insieme ai nostri compagni, a giocare nel terrazzino della nostra casa in via Umberto primo sulla strada principale del paese. Il terrazzino lungo e stretto, serviva per giocare a campana, o a fare le mamme delle nostre bambole di pezza con la testa di coccia. Cucinavamo usando la terra rossa scavata sulla scarpata del campo della Rimembranza, ora giardini pubblici. Qualche volta capitava di cucinare per davvero qualcosa, era la crema pasticcera fatta con le bustine di Orocrema, un preparato dove non servivano le uova.
Facevamo il rinfresco per festeggiare il battesimo delle nostre bambole che portavamo giù alla chiesa delle Grazie e venivamo scacciate dal povero curato di campagna don Federico appena mettevamo piedi all’ingresso che dava sulla strada che portava alla collina e alla selva di Bandini (abbadia di Fiastra) come la chiamavano tutti allora.
Tornavamo a casa a gambe levate impaurite e tremanti con il fiato in gola.
Ci aspettava la crema che mangiavamo nelle tazzine colorate, verde, giallo e rosso! Eravamo così felici che ci sembravano vere le nostre bambole!
La créscia che facevano i miei nonni, era fatta con la pasta del pane, le massaie la andavano a comprare ogni volta che la volevano fare, lo stesso impasto serviva pure per fare le frittelle, le cresce che poi friggevano nello strutto tenuto gelosamente da parte nel tempo della preparazione della pista (l’uccisione dei maiali).
La créscia veniva condita con l’olio di casa, un bel giro generoso con l’aggiunta dei pomodori rossi, rossi maturati al caldo tanto caldo, del sole dell’estate petriolese.
La tradizione dei miei nonni continua, nonna Catarì, parlava poco, ma faceva molto per la sua famiglia ed i parenti, il pane era assicurato per tutti, così come tutti i dolci e le preparazioni tradizionali cominciando da Natale fino a Pasqua.
Il resto è raccontato molto in questo diario di ricette e racconti della nostra famiglia.!
Le nostre crésce sono con la pasta madre e a lunga lievitazione. Assomigliano a quelle dei miei nonni, sono croccanti e non hanno niente a che fare con le pizze mosce e salate che molte volte si mangiano in giro!
Scusateci se pecchiamo un po’ in orgoglio di nipoti d’arte! Ci viene da ridere, ma in fondo mangiare una buona cosa fa star decisamente bene!
A presto!
Buona vita, buona créscia dei miei nonni Damone e Catarì ❤️❤️
Si sa quanto sia grande la nostra passione per il pane e per tutti i lievitati in generale. Usiamo il più delle volte il nostro lievito madre che si chiama Assuntino creato 13 anni fa, ne sono passati molti di anni e di pani, partendo dall’inizio possiamo dire di aver fatto qualche progresso anche se ogni tanto, capita proprio di fallire per uno sconosciuto motivo. Non siamo delle maestre di panificazione, usiamo solo oltre alle materie prime di qualità, la nostra esperienza casalinga ed ormai anche l’occhio e sappiamo criticarci se sbagliamo.
Non importa tutto questo discorso, l’essenziale è andare al sodo.
Noi abbiamo molta fantasia nel preparare il pane, certamente il principale è quello di tutti i giorni, semplice lievito madre, acqua farina e sale, poi a seconda delle stagioni possiamo unire spezie, erbe aromatiche e formaggi. Dipende dal momento.
Ecco quindi questo nostro pane alla curcuma, con le erbe aromatiche appena spuntate ed il nostro yogurt bianco greco fatto in casa. Voi potete usare lo yogurt bianco greco che si trova nei supermercati. Sarà buono anche se usiamo al posto suo la ricotta. A voi la scelta.
Ora vi raccontiamo come l’abbiamo fatto.
Ingredienti
150 grammi di farina di semola rimacinata di grano duro
500 grammi di farina 0
Un cucchiaino di lievito di birra disidratato o meno di un quarto di quello fresco
Un cucchiaino di zucchero
Un cucchiaino di sale
Un cucchiaino o a vostra scelta di curcuma
150 grammi di yogurt bianco greco o di ricotta
200 grammi di acqua per attivare il lievito ed altra per ottenere un impasto morbido
Erbe aromatiche, timo, maggiorana, erba cipollina e basilico tutto tritati finemente
Procedimento
La mattina in una tazza mettiamo ad attivare il lievito con un cucchiaino di zucchero e 200 grammi di acqua, lo lasciamo nel forno spento fino a quando in superficie si formano delle bollicine.
Nella ciotola della planetaria o a mano, mettiamo le farine, il lievito attivato, lo yogurt bianco greco, la curcuma, impastiamo aggiungendo poco alla volta, altra acqua quella giusta per un impasto morbido, lasciamo incordare ed uniamo le erbe aromatiche, fermiamo la planetaria e lasciamo riposare per un quarto d’ora. Riaccendiamo la planetaria lasciando impastare un po’ e cominciamo a fare le pieghe in ciotola o sulla spianatoia se lo abbiamo impastato a mano. Tiriamo su un lembo della pasta e lo riportiamo giù chiudendolo in mezzo dell’impasto con le dita della mano. Lo facciamo per tre volte e lo mettiamo a lievitare coperto da un sacchetto per alimenti nel forno con la luce accesa. Ora è caldo lo possiamo lasciare a temperatura ambiente.
Al raddoppio lo sgonfiamo, lo tagliamo in tre parti, che lavoriamo arrotondandoli sopra la spianatoia con il palmo delle mani. Li lasciamo riposare e ripetiamo l’operazione per altre tre volte. Questo lavoro in più è quello che rende morbido il pane. Sgonfiamo e pirliamo, ed allunghiamo ogni pezzo l’ultima volta cercando di chiuderlo bene girandolo con il palmo della mano sopra la spianatoia, formiamo la treccia che metteremo sopra una lastra con la carta forno. Rimettiamo a lievitare fino a quando premendo la pasta con un dito tornerà su lentamente. Mettiamo a cuocere in forno caldo statico a 200 gradi abbassando la temperatura a 180 gradi scalando ogni dieci minuti fino a 140 gradi per quasi un’ora!
Il tempo di cottura può variare dipende dalla temperatura del nostro forno. A metà cottura se la superficie diventa scura, la copriamo con un foglio di alluminio.
Spegniamo il forno e mettiamo la treccia ad asciugarsi sopra una grata. Ricordiamoci sempre che il pane appena sfornato non si deve tagliare perché deve asciugarsi bene. Se lo facessimo diventerebbe ammassato.
Non perdetevi altre ricette di pane profumato cercando di seguirci!
Grazie e a presto!
Buona vita, buon pane alla curcuma ed erbe aromatiche! ❤️