Dolci tipici

La pizza di Natà 🎄

Fra le tradizioni dolci antiche, contadine e povere, una volta c’era la pizza de Natà che si dice affondare le sue radici nella tradizione medioevale. 

Nel corso della storia culinaria marchigiana si è persa però la tradizione di preparala perché nel frattempo nelle nostre tavole natalizie marchigiane e non solo, sono arrivati i dolci più sofisticati e più ricchi di ingredienti quali il burro o il cacao o il cioccolato. 

La pizza de Natà, una specie di panettone senza pretese, era fatta con tutti gli ingredienti che si raccoglievano in campagna alla fine dell’estate inizio autunno. Le noci ed i fichi simboli di fertilità e benessere legati al culto del Dio greco Dionisio, le uvette essiccate al sole nelle nostre campagne, portatrici di fortuna e benessere che solitamente si mangiavano il giorno del primo dell’anno erano gli ingredienti principali. Solo più tardi venivano aggiunti il cacao, il cioccolato, il caffè ed alcuni liquori come il mistrà. Inoltre non mancavano le bucce di agrumi, la cannella, i chiodi di garofano e le noce moscata. 

La pizza de Natà assomiglia molto a lu crustingu, quel miscuglio di frutta secca e spezie, infatti dopo aver fatto il primo impasto cioè la pasta di pane, lo si aggiunge per darle più sapore e corporsità alla preparazione. 

Nella ricetta originale c’è la frutta secca così senza essere insaporita dalla sapa come invece si fa con lu crustingu, è certamente più corta e facile la preparazione, quindi sta a voi scegliere la via che più vi aggrada. 

A noi piace così com’è venuta la pizza de Natà. 

La tradizione della cottura della pizza de casció e dóce de Pasqua, come quella de Natà vuole che si usino le pentole di rame alte e strette, quelle stesse appese nella nostra cucina che appartenevano alla nonna Margarita. 

Avendo meno tempo di sempre, quest’anno ho fatto la pizza de Natà, in versione veloce senza lievitazione. Il lievito chimico per dolci non toglie niente alla bontà del dolce. 

Quindi vi lascio la ricetta della pizza de Natà con lievitazione veloce.

Metterò quando avrò tempo anche quella con il lievito di birra, tanto è un dolce buonissimo che si può mangiare anche tutto l’anno.

Preparazione

La pizza de Natà

Lavoriamo 80 grammi di burro con 80 di zucchero, uniamo due uova, 30 grammi di olio extravergine d’oliva, 300 di latte, una tazzina di caffè, sapa a piacere, due cucchiai di cacao con 300 grammi di farina ed il lievito setacciati. Il composto deve essere morbido, consideriamo che dobbiamo aggiungere la frutta secca.

Uniamo quindi le noci, le mandorle, le nocciole, i pinoli, un goccio di Varnelli, la cannella e le scorze di arancia e di limone.

Versiamo nello stampo foderato con la carta forno e mettiamo a cuocere a 180 gradi statico per 35/ 40 minuti. Controlliamo la cottura con lo stecchino che deve uscire asciutto.

Natale è già passato, sarà festa fino al giorno dell’Epifania, possiamo fare ancora la pizza de Natà per chiudere in bellezza il periodo più bello e gioioso dell’anno!

Buona vita, buona pizza de Natà ❤️

Pizza de Natà

La pizza de Natà tagliata

Le pentole di rame dove un tempo venivano usate per la cottura delle pizze de Natà o de Pasqua sia dolce che di formaggio

LE CASTAGNELLE

Le castagnelle sono dei dolci natalizi della regione Puglia. Facili e veloci da fare, con ingredienti tipicamente del tempo attuale quando in ogni casa chi più e chi meno, si appresta a fare biscotti e torte per festeggiare il Natale. Ci sono le mandorle, lo zucchero, il cacao amaro, la buccia di arancia, il latte e tanta cannella.

Questi sono gli ingredienti

250 g di mandorle, io ho unito alcune noci

250 g di farina 00

200 g di zucchero si può diminuire, io ne ho messo 150 grammi

80 g di cioccolato fondente

25 g di cacao amaro in polvere

150 ml di latte

2 cucchiaini o più di cannella

scorza grattugiata di 1 arancia

mezzo cucchiaino di bicarbonato

un pizzico di sale

zucchero a velo per decorare

Preparazione

Facciamo tostare le mandorle intere con la buccia sul forno statico a 180 gradi per cinque minuti. Le lasciamo raffreddare e poi le frulliamo nel mixer grossolanamente.

Nella ciotola mettiamo la farina, lo zucchero, il cacao, la buccia di arancia, un pizzico di sale, la cannella.

Uniamo le mandorle, il cioccolato fondente fuso ed il latte, regoliamoci se troppo duro aggiungiamo ancora un po’ di latte, se troppo morbido un po’ di farina. Il composto deve avere una consistenza da essere lavorato con le mani, dobbiamo fare dei salsicciotti che schiacceremo un po’. Li tagliamo diagonalmente ottenendo tanti biscotti che metteremo sopra la carta forno e a cuocere in forno statico a 170 / 180 gradi per tredici minuti. Non devono essere cotti molto ma restare morbidi.

Le castagnelle sono croccanti fuori e morbide dentro.

Sono buonissime, facciamone dono a Natale ai nostri cari ed amici.

Buona vita, buone castagnelle di Natale! ❤️

Le mie castagnelle spolverate di zucchero a velo

Appena uscite dal forno

CACIÙ DE PECORÌ

Dolce tradizionale pasquale delle Marche

Manca poco alla s. Pasqua, i preparativi fervono, le massaie di una volta ci tenevano a rimettere in ordine le case, imbiancandole, lavando tende e biancheria per sentire l’odore di fresco e pulito. Inoltre la settimana che precedeva la settimana santa, si dava inizio alle svariate preparazioni culinarie sia dolci, che salate da portare in tavola il giorno della festa di Pasqua.

Da noi marchigiani si usa ancora fare “li caciù de pecorì” un calcione tipico dolce e salato e fresco per il ripieno fatto con il pecorino fresco, lo zucchero, il limone e la vaniglia. Si mangia a colazione, a fine pasto e a merenda accompagnato da un vino liquoroso come il nostro vino cotto di Loro Piceno.

Buona vita, buona santa Pasqua ❤️

Qui trovate la ricetta

IL MARTEDÌ GRASSO SI BALLAVA NELLE CASE DI UNA VOLTA E SI MANGIAVANO LE PESCHETTE CON LA CREMA

Perché ora bisogna andare in giro a cercare il meglio che poi non lo è? Beh, pensieri di una antica nonna!

Buona vita, buone peschette alla crema pasticcera ❤️

Qui la ricetta

CIAMBELLONE DI MOSTO ALLA CANNELLA E SCORZETTE DI ARANCIA CANDITA

Può essere che in cucina la tradizione si accompagni alla fantasia, non è scandaloso, è arricchente e trasmette l’amore per le ricette che sono state tramandate di generazione in generazione!

Ho fatto i ciambelloni con il mosto fresco, la ricetta è sempre quella che troverete qui in questo nostro diario di appunti scritti vecchi e originali. Basta aggiungere la cannella e le scorzette di arancia candite, io l’avevo fatte lo scorso inverno, oppure le uvette o le noci o la scorza di arancia fresca.

Sono come sempre buonissimi da mangiare inzuppati nel latte, o nel vino cotto o di un altro tipo. L’ottimo sarebbe gustarli con lo squaglio, la cioccolata calda fatta con o senza latte.

L’autunno arriverà fra qualche giorno, la temperatura è ancora calda, prepariamoci ad incontrare la stagione più bella per i caldi colori e frutti della terra!

Vi metto i link delle ricette dei ciambelloni per noi marchigiani, (li ciammellotti)!

Buona vita, buon ciambellone di mosto alla cannella e scorzette di arancia candite ❤️

Le scorzette di arancia candita le ho tagliate a filetti ed ho aggiunto la cannella

ARANCINI FRITTI E AL FORNO

Un antichissimo detto popolare dice:

Carnevale, bon compagno
possi vinì tre vorde l’anno!

E questa enfatica espressione che dice come e quanto sia stato desiderato il Carnevale dai nostri padri. Non perché essi fossero dediti al passatempo ma in opposizione a quella loro vita morigerata e di lavoro per cui i nostri avi non conoscevano divertimenti se non in tempi determinati.

Altra voce , sempre del popolo piceno, si esprime:

Dopo Natà’
è sembre Carnuà’.

Dopo Natale è sempre Carnevale, mentre ufficialmente questo entrava il 17 gennaio, nella festa di San t’Antonio Abate.

V’era gran desiderio di scapricciassi un poco. Era necessità della vita.
Il carnevale offriva al nostro popolo di sbizzarrirsi un poco in festini e balli, in mascherate, in ghiottonerie, non certo fatte di ricercatezze eccessive. Avevano grande parte gli scroccafusi, le frittelle ( quelle de S’Andò in particolare fatte con la massa del pane) le sfrappe, le castagnole!

Dagli scritti del nostro maestro poeta dialettale Giovanni Ginobili!


Ricordiamoci che del diman non c’è certezza ed il resto è noia!

Buon inizio di carnevale a tutti!

I nostri arancini fritti come da tradizione carnevalesca, sono ottimi anche al forno e risultano più leggeri. Si mantengono belli morbidi per tre o quattro giorni.

Don Trapè è l’oscuro scrittore della ricetta.

Provateli e mi farete sapere, se vi va, altrimenti vi ringrazio e vi saluto!

Buona vita, buoni arancini di don Trapè ❤️

Il racconto e la preparazione degli arancini.

Ingredienti

300 grammi di farina 0 o 00

Una bustina di lievito di birra disidratato o un cubetto fresco

50 grammi di zucchero

Un uovo

140/150 grammi di latte

50 grammi di burro

Un pizzico di sale

Buccia di arancia un cucchiaino

Ripieno

Buccia di due arance senza trattamenti chimici

150 grammi di zucchero

Olio di arachidi per friggere

Preparazione

Prima della pasta, prepariamo il ripieno grattando la buccia delle arancia che mescoleremo allo zucchero. Potremmo anche frullare il tutto per fare amalgamare meglio i due ingredienti.

Impastiamo la farina con il lievito, lo zucchero, l’uovo , il cucchiaino di buccia di arancia, il pizzico di sale, il latte stando attenti alla quantità che risulti giusta per ottenere un impasto morbido, lasciamo lavorare per amalgamare tutti gli ingredienti, uniamo il burro morbido poco alla volta. Continuiamo ad impastare fino a quando la pasta diventa lucida e setosa. Se è necessario uniamo un po’ di farina. Con le mani unte formiamo una palla e lasciamo lievitare fino al raddoppio nel forno con la lucetta accesa o vicino ad un termosifone.

Riprendiamo la pasta, la lavoriamo un po’ facendo delle pieghe a tre, ogni quarto d’ora per due volte. Queste servono a rendere l’impasto friabile. Ma potete non farle se non volete perdere tempo.

Stendiamo la pasta con il matterello allo spessore di 6 mm, uniamo sopra lo zucchero con la buccia di arancia. Copriamo bene la superficie ed arrotoliamo stretto a salsicciotto, pizzichiamo bene per sigillare la pasta. Tagliamo gli arancini allo spessore di un centimetro e mezzo. Sistemiamoli sulla lastra foderata di carta forno e lasciamo lievitare al caldo fino al raddoppio.

Friggiamo nell’olio di arachidi profondo, non risparmiano sulla quantità perché per gli arancini in poco olio, risulterebbero unticci. Mettiamone tre o quattro alla volta, girandoli spesso fino a vederli dorati.

Per cuocerli in forno, basta che questo sia a 180 gradi e lasciamoli fino a quando risultino dorati.

Per questa ricetta ringraziamo sempre don Trapè sconosciuto personaggio della nostra meglio gioventù!

Buon inizio di carnevale!

Belli e profumati
Arancini al forno buoni e leggeri
Arancini in lievitazione

PIZZUTÉLLU O BECCUTE – DOLCE DI POLENTA AVANZATA DELLA TRADIZIONE MARCHIGIANA


“Lu pizzutu” o “Li pizzutélli” singolari focacce destinate ai fanciuli che a Macerata vendevano per strada gridando così: “Calli e bboni e tennerelli.
Ci avemo messo lo zzibibbo… calli calli li spizzutelli’
Nel parlare popolare l’uva zibibbo si chiama anche “pizzuta” perché il chicco d’uva ha la forma a punta, da cui, a buon senso, il nome del dolce. C’è anche chi afferma che “pizzutu” deriverebbe da pizza, della quale il dolce ha la forma. Una focaccia simile a questa almeno nell’uso degli ingredienti, veniva cotta sotto la cenere, avvolta in foglie di cavolo.

Fin qui c’è la storia tramandata dalla tradizione marchigiana del pizzutello ma io racconto la mia, quella della nostra famiglia.

Cìrni cirnòla,

Nicola va a la scòla,

a scòla có’ lu canestréllu

pìnu pìnu de pizzutéllu.

La maestra jé fa la festa,

lu vùtta de la finestra.

Cirni cirni cirnòla Nicola va alla scuola, a scuola con il canestrello pieno, pieno di pizzutello, la maestra gli fa festa, buttalo dalla finestra.

Questa è una fra le tante filastrocche che mia madre cantava ai suoi figli piccoli per farli addormentare o per farli giocare.

La filastrocca nominava un povero bambino che andava all’asilo con il canestrello pieno di pizzutello e non si capiva se la maestra buttava di sotto il povero bambino o il canestrello pieno di pizzutello. Mistero irrisolto!

Lu pizzutéllu era un dolce di riciclo, che si preparava con la polenta avanzata del giorno prima ed impastata con un po’ di farina bianca, un acino di zucchero, un goccio di mistrà, le noci ed i pinoli o i fichi secchi, frutta secca che era di facile reperibilità. Non c’erano ingredienti particolari, erano tutti della cucina povera, alcune massaie univano l’uva pizzutella, da qui il nome del dolce, fatta essiccare appesa nelle soffitte. Il composto ottenuto si stendeva con le mani unte di olio, sopra una lastra o uno stampo rotondo, la mamma lo faceva cuocere nella stufa economica accesa per tutto l’inverno.

Una volta sfornato e fatto freddare si tagliava a fette. A quel tempo nessuna mamma lo spolverava con lo zucchero a velo, non era ancora alla portata di tutti.

Io ho aggiunto anche la cannella per sentire in casa il profumo che sa di feste natalizie.

Questi sono gli ingredienti

500 grammi di polenta avanzata e fredda

100 grammi più o meno di farina bianca

100 grammi di zucchero

50 grammi di latte più o meno ci dobbiamo regalare perché il composto deve essere morbido

Una manciata di uvette ammollate ed in infusione col mistrà Varnelli

50 grammi fra nocciole e mandorle tritate e fichi

Cannella a piacere

Un cucchiaino di lievito per dolci

Due cucchiai

di olio extravergine di oliva

Uno stampo o da plum-cake o da crostata.

Frulliamo ad immersione la polenta, uniamo la farina, lo zucchero, il latte che deve essere nella quantità giusta per ottenere un composto morbido, consideriamo che poi ci saranno gli altri ingredienti. Uniamo l’olio ed un cucchiaino di lievito per dolci, la cannella, mescoliamo bene, uniamo la frutta secca e le uvette con il mistrà, continuiamo ad amalgamare il composto e con le mani unte, lo stendiamo sullo stampo da plum-cake o da crostata foderato di carta forno. Mettiamo a cuocere a 170 gradi per un’ora. La superficie deve diventare nocciola ed il composto ben rassodato. Lasciamo freddare per un po’ e mettiamolo sopra una grata togliendolo dallo stampo. Una volta freddo io preferisco tagliare a fette lu pizzutéllu e farlo biscottare cosparso di zucchero e cannella.

A piacere si può lasciare così senza passarlo in forno per la seconda volta e spolverato di zucchero a velo.

Questa è la ricetta classica di recupero, però da qui si prendeva lo spunto per preparare con gli ingredienti nuovi dei particolari biscotti chiamati beccute!

Le beccute erano i biscotti preferiti del poeta marchigiano Giacomo Leopardi.

Ingredienti per le beccute

g 500 di farina gialla

g 100 di zucchero

3 cucchiai di olio di oliva

g 120 di uvetta, ammollata in acqua tiepida, e messa in infusione nel mistrà

g 40 di pinoli

g 60 di gherigli di noci, pelati e tritati

g 60 di mandorle tritate

g 80 di fichi secchi tritati

sale

Preparazione

Sulla spianatoia o nella ciotola versiamo la farina, uniamo lo zucchero, I’olio, l’uvetta, i pinoli, le noci, le mandorle ed i fichi, un pizzico di sale, impastiamo aggiungendo acqua tiepida, fino ad ottenere un impasto morbido liscio, ed elastico; formiamo tanti biscotti con le mani (oppure filoncini), che disponiamo sulla placca foderata di carta forno e mettiamo in forno (caldo a 180°), fino a dorare. Serviamo le beccute tiepide o fredde!

Queste ricette fanno parte del nostro patrimonio gastronomico popolare e povero, facciamone buon uso portandole a conoscenza in questi tempi di scarsa fantasia popolare, il vecchio è sempre una novità per chi non lo conosce. A buon intenditor poche parole!

Buona vita, buon pizzutéllu o beccute! Il resto è noia ❤️

Lu pizzutéllu

Lu pizzutello a fettine e tostato

Lu pizzutéllu nello stampo da plum-cake e tostato la seconda volta

CHEESECAKE CON LE CILIEGIE E FILADELFIA AL FORNO

C’era uno scaffale da controllare in questi giorni di cambiamenti, (pulizia profonda) quello in basso di una vecchia cristalliera anni sessanta, con sopra le due vetrinette per esporre le varie chicchere della sorella maggiore.

In basso, una marea di riviste di cucina, di fiori e foglie essiccati fra le pagine di un album e disegni degli ex bimbi.

C’era un po’ di tutto, agende con le entrate e le uscite mai finite di appuntare fino alla chiusura di un anno. Sono stata sempre così, mille lavori e cose mai finite perché mi stancavano dopo un po’.

Le lascio ancora lì, in attesa di una mano di chi non si sa. Certamente non interessa a nessuno. Altri tempi ed altre cose da fare.

Fra gli appunti scritti a mano, copiavo sempre le ricette in qualsiasi posto mi trovavo, c’era quella della torta dolce di formaggio e ciliegie, la cheesecake americana che si cuoceva in forno che per quei tempi era una novità.

Allora le torte erano sempre fatte con la pizza sbattuta, cioè il pan di Spagna, tagliate in mezzo, bagnate di alchermes o con caffè e Stock 84, che fegato, crema pasticcera gialla e al cacao, poi qualche crostata e solitamente lu ciammellottu (il ciambellone) rotondo o a filette.

Nella ricetta della torta moderna, c’era il primo formaggio spalmabile arrivato sugli scaffali delle pizzicherie e dei primi mini supermercati, si chiamava Dover era contenuto in un bicchiere di vetro, dopo qualche anno come spesso faceva e fa la comunità europea, veniva tolto dal mercato, non aveva nessuna denominazione di origine o mancava di qualche sgorbio. Chi lo può sapere!!!!!. Per ovviare a questa mancanza, arrivava la Filadelfia portando la moda di usarla per le torte cotte, la cheesecake americana.

Nel dolce c’erano le ciliegie fresche posizionate sopra la superficie prima di metterlo in forno. Una volta cotta le ciliegie sprofondavano, ma il sapore era ineguagliabile.

È passato molto tempo da allora, la famiglia è cresciuta ed il dolce è stato dimenticato anche a causa dei mille dolci che nel frattempo ho imparato.

Oggi l’ho voluto rifare per una occasione speciale, ho raddoppiato la dose ed è sparito.

Conviene ogni tanto dimenticare la dieta, tanto del diman non c’è certezza ed il resto è noia!

Allora vi offro il racconto della mia ricetta antica ma buona!

Ingredienti

4 uova di galline felici o puttane

70 grammi di burro

160 grammi di zucchero

110 grammi di Filadelfia

150 grammi di farina per dolci

Una bustina di lievito per dolci

350 grammi di ciliegie snocciolate

Due cucchiai di zucchero e succo di limone

Preparazione

Denoccioliamo le ciliegie, mettiamole in una ciotola con due cucchiai di zucchero ed il succo di limone, mescoliamo e lasciamo riposare.

Montiamo a crema il burro e lo zucchero, uniamo un uovo alla volta, il succo di limone, la Filadelfia e la farina con il lievito. Versiamo il composto nello stampo foderato di carta forno, livelliamo la superficie e ricopriamola con le ciliegie ed il succo.

Mettiamo a cuocere a 180 gradi per tre quarti d’ora, copriamo la superficie se diventa scura. Regoliamoci per la cottura più lunga, se faremo quella con la dose raddoppiata.

Facciamo la prova dello stecchino che deve uscire asciutto. Lasciamo freddare il dolce e lo sistemiamo in un bel piatto di portata. Decoriamo con alcune ciliegie sciroppose o fresche e con lo zucchero a velo!

Il dolce è più buono da freddo e con questo caldo che fa, lo conserviamo in frigo!

Per fare le ciliegie sciroppose, basta denocciolarle e farle cuocere con il succo di limone ed un cucchiaio di miele al microonde o in un pentolino.

Ho messo due foto del dolce, quella versione fatta per prima e l’altra con gli ingredienti raddoppiati.

A voi la scelta!

Buona vita, buona cheesecake con le ciliegie al forno! ❤️