tradizione

PANNOCIATO E PÀ NNOCIATO

Festa dell’esaltazione della Croce insieme alle tradizioni popolari a Petriolo e dintorni

Pannociato dolce
Pà nnociato alle noci

Pà nnociato alle noci e pecorino

CIAMBELLONE DI MOSTO ALLA CANNELLA E SCORZETTE DI ARANCIA CANDITA

Può essere che in cucina la tradizione si accompagni alla fantasia, non è scandaloso, è arricchente e trasmette l’amore per le ricette che sono state tramandate di generazione in generazione!

Ho fatto i ciambelloni con il mosto fresco, la ricetta è sempre quella che troverete qui in questo nostro diario di appunti scritti vecchi e originali. Basta aggiungere la cannella e le scorzette di arancia candite, io l’avevo fatte lo scorso inverno, oppure le uvette o le noci o la scorza di arancia fresca.

Sono come sempre buonissimi da mangiare inzuppati nel latte, o nel vino cotto o di un altro tipo. L’ottimo sarebbe gustarli con lo squaglio, la cioccolata calda fatta con o senza latte.

L’autunno arriverà fra qualche giorno, la temperatura è ancora calda, prepariamoci ad incontrare la stagione più bella per i caldi colori e frutti della terra!

Vi metto i link delle ricette dei ciambelloni per noi marchigiani, (li ciammellotti)!

Buona vita, buon ciambellone di mosto alla cannella e scorzette di arancia candite ❤️

Le scorzette di arancia candita le ho tagliate a filetti ed ho aggiunto la cannella

S. GIOVANNI BATTISTA E L’ACQUA ODOROSA

Nella festa del Battista si suole ancora oggi fare un’acqua odorosa: è usanza superstiziosa e gentile cui tutto il popolo marchigiano tiene assai.
Nella notte precedente la ricorrenza del santo si raccolgono fiori determinati, erbe odorose, una spiga di grano, l’erba dell’invidia ed uno spicchio di aglio;
si tiene tutto a bagno in un recipiente per l’intera notte. La mattina appresso, all’alba, le mamme lavano con quell’acqua i loro figlioli per tenerli lontani dal malocchio, della stregoneria, dall’invidia.
Torna in mente il bellissimo sonettò che su tale argomento scrisse la nota scrittrice Alinda Bonacci Brunamonti e ben volentieri riportiamo la prima strofa in cui sono elencate le erbe prescritte per tale acqua prodigiosa.

Le cimette io cogliea della mortella, spigo, timo, cedrina, e vigorosa menta, con rosmarino e nippitella foglie di noce e qualche ultima rosa.

Altrove si mette anche foglie di lauro e di quercia; l’aglio ha influsso contro la stregoneria.
Al mio paesello, a Petriolo, era pia consuetudine andarsi a bagnare nel torrente Fiastra. I paesani partivano in massa verso le ore 21, per trovarsi al torrente e tuffarsi nell’acqua alle ore 22 precise.
E questo un ricordo del fiume Giordano, ove il Precursore predicava penitenza al popolo di Israele e dove battezzò Cristo al primo suo uscire alla vita pubblica.
È salutare simile bagno, giacché l’acqua è benedetta dal Santo; non solo ma altrove conducono anche le pecore perché donino abbondanza di latte e di lana , e le mucche.
E molti che vanno soggetti a dolori reumatici tornano dal fiume recando una pietra che conservano fino all’anno dopo; essa ha la virtù.
Nei tempi più lontani il contadino, all’alba mandava tutte le bestie a pascolare, come in alcune parti avveniva il 3 di maggio nella ricorrenza di Santa Croce; l’erba ha la rugiada (la guazza) del Santo e ciò è salutare per le bestie; non solo , ma è credenza che per virtù di detta rugiada benedetta l’umore ( il sudore) della vite, si tramuti in mosti e che tale umore guarisca anche gli sfoghi della pelle.

È il tempo della mietitura; della santa solenne festa dei campi.
Un proverbio annuncia che di s. Giovanni si miete qua e là; si smacchia.

S. Gióanno;
pija la farge e va spuntanno.

Dunque è la ricorrenza di questo santo che dà il via alla tanto pesante , ma pur lieta opera della mietitura.

San Pietro;
pija la farge e mète.

È interessante conoscere i bei motivi fantasiosi della tradizione marchigiana, oggi quasi completamente spariti. Descriverli non ci sembra ozioso, specie poi, se si pensi che di sovente si leggono in riviste e quotidiani, descrizioni completamente errate o piene di tanta confusione da deformare e svisare indegnamente quella che è la più bella, la più cara, la più eletta creazione popolare, quella che è la sapienza della feconda gente marchigiana.

Tratto da Costumanze marchigiane (2raccolta) del poeta scrittore Giovanni Ginobili maestro a Petriolo.

CORPUS DOMINI

LA PROCESSIONE DELLA FESTA DEL CORPUS DOMINI

Molto tempo fa, la processione del Corpus Domini, era una delle cerimonie più importanti. Cadeva sempre di giovedì come l’ascensione di Gesù.

Tutti partecipavano devotamente, dopo l’ultima messa del mattino, sotto il sole cocente di giugno, le persone

all’uscita della chiesa, si avviavano per le vie del paese, disposte in due file precedute dai bambini con il vestito della prima comunione e gli altri più grandi con la fascia al braccio. Subito dietro c’era il prete con l’ostensorio del SS. Sacramento. Ai lati del sacerdote, a sorreggere il baldacchino erano i confratelli nelle loro vesti bianche con le mantelline rosse e dorate. La Confraternita di tradizione antichissima, dava grande prestigio ai suoi rappresentanti, tanto da essere considerati veri e propri ‘seguaci di Dio’. Per questo, quando uno dei suoi componenti moriva, le campane venivano suonate più a lungo. In virtù del loro ruolo nella comunità Parrocchiale, essi avevano, tra le altre cose, il privilegio di sostenere ‘la tenda di Dio’, sotto la quale erano ospitate le autorità religiose più importanti e il Santissimo Sacramento.

Le finestre erano vestite da drappi rossi bordati d’oro.

Le strade venivano coperte dai petali di rose sparsi da Elsa la postina, le vie ed i balconi mostravano i gerani e le felci più belli. La processione finiva sulla piazzetta del santuario della Madonna della Misericordia con la solenne benedizione del sacerdote a tutto il paese.

Processione del Corpus Domini a Petriolo nei primi anni sessanta
I fiori principalmente le rose servivano per infiorare le strade
I petali di rose venivano sparsi dalla postina Elsa per le vie in segno di omaggio e devozione al Signore
Il giglio candido segno di purezza
I balconi venivano abbelliti dai gerani e felci

L’ÓU PÌNDU

L’Óu Pìndu (uovo dipinto pasquale)

« A pizzetta »O ” a ciocchetta” o a scoccetta

Altro gioco del tempo di Pasqua era quello di giocare a pizzetta
o come altrove si diceva « a scoccelta » e in quel di Pen-
ma S. Giovanni a “cioccarella” Da quanto diciamo questo giuoco era praticato in gran parte del Piceno.
Si trattava dell’uovo sodo dipinto “Óu pìndu “, col quale si giuocava.
I giocatori in questo caso non potevano essere più di due. Tirata la conta uno doveva «tené’ sotto» il proprio uovo, l’altro picchiava ‘(ncioccava).
Si poteva incioccare,
convenendo, pizzo con
pizzo, fianco contro fianco ecc. L’uovo che prima cedeva era perso e andava in possesso di colui che l’aveva più resistente.
Altro giuoco era quello di far correre le uova sode per una
pendenza, l’uovo che prima raggiungeva la meta stabilita o andava più lontano era vincitore. Il proprietario intascava quello
suo avversario.

Echi tradizionali dei fanciulli marchigiani di Giovani Ginobili maestro e scrittore a Petriolo (Macerata) Marche

Buona vita, buon proseguimento di quaresima ❤️

PANE DELLA DOMENICA DELLE PALME

La domenica delle Palme il popolo partecipava alle funzioni religiose e più specialmente alla benedizione delle palme. Tutta la campagna accorreva alla chiesa con fasci di rami di ulivi sulle spalle perché fossero benedetti. Dopo la funzione tornavano a casa; un ramoscello di palma benedetta (così si chiamava l’ulivo) veniva posto su ogni letto; questo tanto nella campagna come in città; le palme del precedente anno venivano bruciate, non gettate via. I contadini, mettevano per i campi, negli orti, in mezzo al grano seminato, ramoscelli di ulivo benedetto, perché la benedizione scendesse su tutta la fatica e ne moltiplicasse il raccolto. Intanto gli artigiani passavano pel contado in cerca d’ovi pinti; ognuno presso I propri clienti. Era dono che il contadino faceva molto volentieri.

Tratto da Costumanze marchigiane dello scrittore e maestro a Petriolo Giovanni Ginobili.

Per la domenica delle Palme sulla nostra tavola è tradizione portare un pane preparato da me, insieme ai rami d’ulivo benedetti alla messa del mattino, serve per festeggiare l’entrata di Gesù a Gerusalemme.

Buon proseguimento di quaresima a tutti!

Buona vita, buona settimana Santa ❤️🙏

IL PANE DEL DIGIUNO QUARESIMALE

Digiuno: una pratica inutile?

All’inizio della Quaresima vogliamo ricordare la pratica del digiuno che, anche tra i cristiani, si pensa inutile. Invece il digiuno e l’astinenza appartengono da sempre alla vita cristiana perché rispondono al bisogno continuo di conversione.
Quale valore e quale senso ha il privarci di un qualcosa che sarebbe in sé stesso buono? La Bibbia insegna che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che a esso conduce. Per questo in essa ricorre più volte l’invito a digiunare. 
Il digiuno è la preghiera che si esprime con il corpo. Nel digiuno la nostra preghiera si incarna e si completa in questo confessare attraverso le fibre del nostro corpo che cerchiamo Dio, che, oltre al pane, abbiamo bisogno della sua Parola (Mt 4,4).

Come digiunare

Concretamente, durante la Quaresima, basta non mangiare carne il venerdì e osservare il digiuno il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Il digiuno che la Chiesa indica consiste nel consumare un pasto al giorno. In questo cambiamento delle solite abitudini si vuole puntare l’attenzione sul rinunciare a qualcosa a cui si tiene per dire al Padre, anche con il proprio corpo: «Tu sei la cosa più importante per me!».

Una volta capito come orientarsi, perché non provare a vivere un giorno a settimana o un giorno ogni due settimane… digiunando con il pane e l’acqua per scoprire cosa ha da dirci il nostro corpo sui nostri attaccamenti, sulle nostre dipendenze, sulle nostre paure, sulle nostre debolezze?
Per rendere questa esperienza ancora più bella suggeriamo di fare il pane che si consumerà nel giorno speciale del digiuno per riscoprire che le nostre abitudini: gesti semplici come impastare, bere, mangiare… sono abitati dall’amore di Dio.

Tratto da SHALOM

Ingredienti

Farina 0 o di farro 500 g
Acqua a temperatura ambiente 375 g
Lievito di birra disidratato un cucchiaino
Miele 10 g
Sale fino 10 g

Preparazione

Mettiamo il lievito di birra in 60 ml di acqua tiepida, uniamo la farina e il miele e impastiamo. Uniamo la restante acqua e impastiamo o nella planetaria o a mano. Una volta che i liquidi sono stati assorbiti aggiungiamo il sale. Impastiamo ancora per 10 minuti circa, dobbiamo ottenere un impasto morbido. Copriamo l’impasto con un canovaccio o mettiamolo in un sacchetto per alimenti. Lasciamo lievitare l’impasto per 16 ore in un posto fresco o se abbiamo fretta, lo mettiamo nel forno con la luce accesa.

Lavoriamo nuovamente l’impasto, stendiamolo delicatamente con le mani per formare un quadrato. Prendiamo i lembi esterni e portiamoli al centro. Ripetiamo questa operazione 4 volte. Formiamo la pagnotta e lasciamo lievitare ancora.

Mettiamo nel forno già caldo a 220 gradi la pentola di goccio con il coperchio. Lasciamola scaldare per bene, capovolgiamo la pagnotta nella pentola. Facciamo soprauna croce sul pane profonda con la lametta. Mettiamola nel forno con il coperchio e cuociamo il pane per 30. A questo punto togliamo il coperchio e proseguiamo la cottura per 20 minuti, portando il forno in modalità ventilata per ottenere una doratura. Regoliamoci con la temperatura, se dovesse scurirsi troppo abbassiamo la temperatura.

Sforniamo il pane e togliamolo dalla pentola, lasciamolo raffreddare completamente su una grata.

Questo pane può essere gustato sia a colazione con il latte o semplicemente per rispettare il digiuno, con acqua tutti i mercoledì ed i venerdì di quaresima.

Male non ci farà.

Buona vita, buon pane del digiuno quaresimale 🙏❤️

ARANCINI FRITTI E AL FORNO

Un antichissimo detto popolare dice:

Carnevale, bon compagno
possi vinì tre vorde l’anno!

E questa enfatica espressione che dice come e quanto sia stato desiderato il Carnevale dai nostri padri. Non perché essi fossero dediti al passatempo ma in opposizione a quella loro vita morigerata e di lavoro per cui i nostri avi non conoscevano divertimenti se non in tempi determinati.

Altra voce , sempre del popolo piceno, si esprime:

Dopo Natà’
è sembre Carnuà’.

Dopo Natale è sempre Carnevale, mentre ufficialmente questo entrava il 17 gennaio, nella festa di San t’Antonio Abate.

V’era gran desiderio di scapricciassi un poco. Era necessità della vita.
Il carnevale offriva al nostro popolo di sbizzarrirsi un poco in festini e balli, in mascherate, in ghiottonerie, non certo fatte di ricercatezze eccessive. Avevano grande parte gli scroccafusi, le frittelle ( quelle de S’Andò in particolare fatte con la massa del pane) le sfrappe, le castagnole!

Dagli scritti del nostro maestro poeta dialettale Giovanni Ginobili!


Ricordiamoci che del diman non c’è certezza ed il resto è noia!

Buon inizio di carnevale a tutti!

I nostri arancini fritti come da tradizione carnevalesca, sono ottimi anche al forno e risultano più leggeri. Si mantengono belli morbidi per tre o quattro giorni.

Don Trapè è l’oscuro scrittore della ricetta.

Provateli e mi farete sapere, se vi va, altrimenti vi ringrazio e vi saluto!

Buona vita, buoni arancini di don Trapè ❤️

Il racconto e la preparazione degli arancini.

Ingredienti

300 grammi di farina 0 o 00

Una bustina di lievito di birra disidratato o un cubetto fresco

50 grammi di zucchero

Un uovo

140/150 grammi di latte

50 grammi di burro

Un pizzico di sale

Buccia di arancia un cucchiaino

Ripieno

Buccia di due arance senza trattamenti chimici

150 grammi di zucchero

Olio di arachidi per friggere

Preparazione

Prima della pasta, prepariamo il ripieno grattando la buccia delle arancia che mescoleremo allo zucchero. Potremmo anche frullare il tutto per fare amalgamare meglio i due ingredienti.

Impastiamo la farina con il lievito, lo zucchero, l’uovo , il cucchiaino di buccia di arancia, il pizzico di sale, il latte stando attenti alla quantità che risulti giusta per ottenere un impasto morbido, lasciamo lavorare per amalgamare tutti gli ingredienti, uniamo il burro morbido poco alla volta. Continuiamo ad impastare fino a quando la pasta diventa lucida e setosa. Se è necessario uniamo un po’ di farina. Con le mani unte formiamo una palla e lasciamo lievitare fino al raddoppio nel forno con la lucetta accesa o vicino ad un termosifone.

Riprendiamo la pasta, la lavoriamo un po’ facendo delle pieghe a tre, ogni quarto d’ora per due volte. Queste servono a rendere l’impasto friabile. Ma potete non farle se non volete perdere tempo.

Stendiamo la pasta con il matterello allo spessore di 6 mm, uniamo sopra lo zucchero con la buccia di arancia. Copriamo bene la superficie ed arrotoliamo stretto a salsicciotto, pizzichiamo bene per sigillare la pasta. Tagliamo gli arancini allo spessore di un centimetro e mezzo. Sistemiamoli sulla lastra foderata di carta forno e lasciamo lievitare al caldo fino al raddoppio.

Friggiamo nell’olio di arachidi profondo, non risparmiano sulla quantità perché per gli arancini in poco olio, risulterebbero unticci. Mettiamone tre o quattro alla volta, girandoli spesso fino a vederli dorati.

Per cuocerli in forno, basta che questo sia a 180 gradi e lasciamoli fino a quando risultino dorati.

Per questa ricetta ringraziamo sempre don Trapè sconosciuto personaggio della nostra meglio gioventù!

Buon inizio di carnevale!

Belli e profumati
Arancini al forno buoni e leggeri
Arancini in lievitazione

QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

La corona di Avvento

– L’angelo viola.

Nella quarta e ultima settimana di Avvento, appare in cielo un angelo con il mantello viola. L’angelo viola passa su tutta la Terra tenendo con il braccio sinistro una cetra d’oro. Manca poco all’arrivo del Signore. Il colore viola è formato dall’unione del blu e del rosso, quindi il suo mantello rappresenta l’amore vero, quello profondo, che nasce quando si sta in silenzio e si ascolta la voce del Signore dentro di noi.

Eccoci all’ultima accensione della candela di Avvento, manca la principale, quella bianca che accenderemo domenica prossima giorno di Natale!

Buona vita, buon proseguimento del cammino di Avvento ❤️

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO A CASA NOSTRA

Avvento sotto tono quest’anno a casa nostra, c’è il mostro che si è palesato e nessuno è stato risparmiato!

Io normalmente non sono positiva nella vita, vedo le cose sempre più brutte del normale, per fortuna però poi tutto finisce nel modo giusto.

Ecco che allora per la corona dell’Avvento ho rimediato con quella dell’anno scorso. Un nastro tartan, un fiocco ad uncinetto e la prima candela della domenica d’Avvento è stata accesa!

Aspettando che il mostro crepi sotto i colpi di non so che cosa, vi auguro un buon cammino di Avvento, ricordando sempre che, del diman non c’è certezza ed il resto è noia e…..sarà quel che sarà!

Vi mostro però anche le altre candele degli anni passati!

Avvento 2022
Avvento 2018
Avvento 2015
Popcorn uncinetto e aghi di abete
Avvento 2016